Scafati. Meglio il carcere o un centro clinico? “E’ come dire se vado in un albergo di lusso a Capri sono più a mio agio”. Carlo Pagano, il perito nominato dai giudici del Tribunale di Nocera Inferiore per stabilire se le condizioni di salute dell’ex sindaco di Scafati, Angelo Pasqualino Aliberti, sono compatibili con il regime carcerario, conclude con una battuta le risposte date al difensore dell’imputato. Le conclusioni del perito non lasciano dubbi ad interpretazioni: Aliberti – detenuto in carcere per un’aggravamento della misura dei domiciliari – è affetto da una sindrome ansiosa depressiva da stress ‘giudiziario’ prolungato, ma può ricevere ogni cura adeguata in carcere. Il perito, nominato dal tribunale su richiesta dei difensori Silverio Sica e Giuseppe Pepe, ha visitato il detenuto che secondo la difesa sarebbe incompatibile con il regime carcerario. Ne ha tracciato un profilo psichiatrico e psicologico le cui conclusioni coincidono, in massima parte, con la perizia disposta già nel corso delle indagini, prima che fosse arrestato. La deposizione del dottore Pagano è stata centrale nell’udienza che si è celebrata dinanzi ai giudici di Nocera Inferiore – presidente Raffaele Donnarumma – nella quale poi sono state introdotte le eccezioni dei difensori degli imputati: Angelo Pasqualino Aliberti, Nello Maurizio Aliberti, Monica Paolino, Roberto Barchiesi, Ciro Petrucci e Andrea Ridosso, accusati di voto di scambio politico-mafioso per le elezioni amministrative del 2013 e Regionali del 2015. L’ex sindaco è stato tutto il tempo seduto nella ‘gabbia’ riservata ai detenuti. Polo blu e jeans, la mano appoggiata al volto, sguardo volutamente assente ha seguito tutta l’udienza senza mostrare partecipazione. Si è lasciato portar via in manette, a fine udienza, senza soffermarsi con i difensori. Il perito medico legale ha spiegato ‘tecnicamente’ cosa gli sta accadendo: è sottoposto ad un prolungato stress per la sua vicenda giudiziaria, ancor prima che carceraria, e la sua percezione cognitiva è alterata dallo stato d’ansia e dall’uso prolungato di farmaci antidepressivi. Questo stato può sfociare in una depressione vera e propria, ma un’evoluzione progressiva del suo stato non è contemplata. Se viene meno il fattore di stress, potrebbe stare meglio, come è normale che sia. Poi, su domanda del difensore dell’imputato ha aggiunto: “C’è bisogno di un intervento terapeutico. Presso il carcere, vi sono esperti – psicologi e psichiatri – in grado di gestire farmacologicamente la sua patologia. In riferimento allo stress – ha spiegato -, non è il carcere stesso che lo aggrava ma il modo in cui questo impatta con il carcere. Le continue emozioni, poi determinano nell’imputato un lavoro costante del suo cervello e una conseguenza ridotta capacità di analisi”. Su sollecitazione del pm Vincenzo Montemurro, il perito ha sottolineato che dalle relazioni mediche del carcere si evince che per Aliberti non è stata ritenuta necessaria una terapia anti-depressiva e che prima dell’arresto l’ex sindaco aveva già mostrato di aver abusato di farmaci tanto da essere stato ricoverato, mentre era agli arresti domiciliari. Ed infine Pagano ha concluso: “Questo tipo di sindrome è estremamente diffusa nel carcere, tra i detenuti”. In conclusione, però, è compatibile con il regime carcerario. La relazione medico legale ha fatto da prologo alle eccezioni preliminari dei difensori degli imputati. Insieme al Ministeri dell’Interno e alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, si è costituita parte civile l’Avvocatura dello Stato. E’ stata, invece, chiesta l’esclusione come parte civile dei due imprenditori conservieri Aniello e Fabio Longobardi, vittime di estorsioni da parte degli esponenti del clan Ridosso, imputati originariamente nel procedimento e che hanno chiesto scelto il rito abbreviato. Il capo di imputazione che vede i due conservieri vittime delle richieste estorsive non è più contemplato nel processo in corso a Nocera Inferiore visto che è in corso di definizione a Salerno, per cui i giudici hanno accolto la richiesta ed hanno escluso la loro costituzione dal procedimento. Rigettata l’esclusione chiesta dai difensori per il Comune di Scafati per un vizio di forma, i giudici si sono riservati di decidere su altre due questioni preliminari: la validità dell’incidente probatorio, fatto a Salerno, nel corso dell’udienza preliminare nel quale sono stati sentiti i due testimoni Aniello Longobardi e Raffaele Lupo, e l’inutilizzabilità di alcune prove (tra queste proprio gli interrogatorio di questi due testi) acquisite – secondo la difesa – quando era già scaduta la proroga d’indagine. Quest’ultima questione è passata anche al vaglio della Cassazione nei mesi scorsi.
I giudici scioglieranno la riserva su queste due eccezioni il prossimo 11 luglio ed hanno fissato un’udienza il 16 luglio quando decideranno sull’ammissione delle prove e dei testimoni. Se dovessero ritenere che l’incidente probatorio è inammissibile, la procura potrà integrare la lista testi con la testimonianza di Longobardi e Lupo. Poi, il processo potrà entrare nel vivo. Ieri mattina a rappresentare la pubblica accusa in aula, c’erano oltre al titolare dell’inchiesta il pm Montemurro anche il procuratore aggiunto della Procura di Salerno, Luca Masini.
In aula, oltre ad Aliberti detenuto, anche gli altri imputati: il fratello Nello Maurizio, la moglie e consigliere regionale di Fi, Monica Paolino, l’ex staffista Giovanni Cozzolino, l’ex consigliere comunale Roberto Barchiesi e l’ex vice presidente dell’Acse, Ciro Petrucci, ritenuto uno degli uomini nominati da esponenti del clan Ridosso. Il processo, nato dall’inchiesta ‘Sarastra’ condotta dalla Dia sezione di Salerno e dalla Procura antimafia che ha anche portato allo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose entrerà nel vivo a partire da settembre quando saranno sentiti i primi testimoni citati dalla Procura.
Rosaria Federico
(Nella foto il consigliere regionale Monica Paolino, imputata nel processo, e l’avvocato Silverio Sica, difensore del marito Angelo Pasqualino Aliberti)
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