Pompei. Dobbiamo ringraziare i lettori che si sono collegati con la redazione per congratularsi della chiarezza, in verità un po’ amara, con cui Cronache della Campania ha affrontato e raccontato il dibattito Urbanistico in corso. Un dibattito che abbiamo definito di retroguardia e arrivato fuori tempo massimo, ma pur sempre un dibattito. Insomma qualcosa di vivo che emerge dalla palude del nulla che sta caratterizzando questo primo biennio dell’Amministrazione Amitrano (nb: il primo compleanno della elezione del sindaco è stato infatti festeggiato nella passata tarda primavera). Da queste colonne abbiamo lanciato anche l’allarme che riguarda le previsioni della Buffer Zone UNESCO e il suo Piano di Gestione per gli Scavi Vesuviani. Esso – sia detto senza mezzi termini – trascura di brutto il Centro urbano della Città nuova. In più, esso appare squilibrato verso le zone dei confinanti territori comunali di Torre Annunziata e Castellammare di Stabia.
Cronache della Campania è giornale campano d’area vasta e quindi non intende innescare “guerre tra poveri”, oltretutto conterranei. Ma una domanda rivolgiamo a coloro che detengono le chiavi delle decisioni finali per la Buffer Zone. Come si pensa di sistemare il patrimonio “moderno” dei reperti archeologici pompeiani, cioè quello rappresentato dai ritrovamenti avutisi recentemente o nei decenni passati, ma provenienti in gran parte dal territorio suburbano della antica Pompei? Tale patrimonio peraltro va arricchendosi negli ultimi tempi con le continue ulteriori “scoperte” di cui ci dà notizia in prima persona il soprintendente OSANNA, rivelando doti da grande direttore dell’orchestra mediatica nazionale e internazionale. Ritorniamo quindi al titolo di questo articolo, che fa riferimento al grande e crescente patrimonio archeologico “moderno” di Pompei antica e alla necessità della sua esposizione in una idonea sede museale. E diciamo subito che la sede sarebbe da individuare di intesa con il Santuario Pontificio, proprietario di grandi contenitori edilizi dismessi, idonei a nuove destinazioni d’uso prestigiose.
Insomma, si realizzi il Museo Archeologico Pompeiano a Pompei, nel centro della città nuova e viva. Per arrestarne il declino, rilanciandone il destino. Agli esperti della Archeologia pompeianistica toccherà la individuazione – già “discussa” in passato – dell’arco temporale da cui far partire la “modernità” dei reperti pompeiani. La seconda guerra mondiale può essere senza dubbio un discrimine di separazione tra le collezioni archeologiche “storiche” del Museo Nazionale, intangibili, e quelle “moderne” determinate dalle scoperte dagli anni del dopoguerra ad oggi, collocabili nel Museo Pompeiano.
D’altra parte, tale patrimonio di reperti deve trovare una collocazione definitiva, se non lo si vuole tenere nel buio malinconico di depositi improvvisati o mandarlo in giro per il mondo, tanto per tenerlo lontano da Pompei e ingraziarsi i musei internazionali che ben ne sfruttano le immense potenzialità attrattiva.
Cui prodest ? A chi giova questa situazione ? E’ una domanda che i pompeiani devono cominciare a farsi. E se la dovrebbe porre anche la Amministrazione Comunale.
E porla a sua volta anche in sede referente a chi oggi detiene il potere di una risposta positiva e finalmente sensibile verso gli interessi della Città nuova. Essa è fatta – non si dimentichi – di imprenditori, di commercianti, di albergatori, di professionisti di pubblici impiegati e di tanta, tanta gente comune. E ora vanta anche una rete di piccoli operatori turistici, i quali si sono rimboccati le maniche e hanno messo su un network nuovo e accogliente di ospitalità diffusa, che ha risollevato la città dalla crisi profonda in cui l’aveva gettata il Centro Commerciale della Cartiera. Ma la crisi che potrà essere indotta dal nuovo megacentro commerciale di Torre centrale, in piena Buffer Zone, si prefigura ancora più feroce per il vicino Centro Urbano di Pompei. Alla economia della Città nuova non resterà che aggrapparsi alle vesti della Madonna di Pompei e ai suoi pellegrini che virtuosamente tengono acceso il faro della Fede e – perché no? – della economia turistica che ne deriva.
Quel che scriviamo non vuole essere una provocazione, ma una temuta previsione. Questo è il compito della Informazione. E ci fermiamo qui. Per ora.
Federico L.I. Federico
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