L’ultimo articolo “pompeiano” pubblicato sulle pagine di questo Giornale CRONACHE della Campania on line ha ospitato una proposta per Pompei città, da inserire tra le iniziative a farsi con l’attuazione del Grande Progetto Pompei, nella sua Buffer Zone, all’interno del Piano di Gestione UNESCO. La proposta ha trovato consenso unanime nei lettori e riguarda la creazione di un “Museo Archeologico POMPEIANO, in sigla MAP, che sia nella scia del MAV Ercolanese e del MAN…Napoletano. E a mezza strada tra loro.
Scriviamo non casualmente “a mezza strada”, intendendo esattamente quello che potrebbe essere la collocazione del MAP all’interno della multiforme galassia museale campana.
Il MAP, o Museo Archeologico Pompeiano potrebbe essere infatti un contenitore di reperti archeologici originali, quindi “statici” per propria stessa essenza, comunque esposti.
Ma in esso potrebbero troverebbero allocazione tecnologie informatiche d’avanguardia in materia di Sistemi Informativi dedicati al territorio Pompeiano antico, nonché di Ricostruzioni tridimensionali virtuali dell’archeologia vesuviana prima, durante e dopo la eruzione pliniana.
Ci fermiamo qua lasciando agli esperti le decisioni finali.
Aggiungiamo soltanto che il MAP andrebbe a sanare un “vulnus” ormai vecchio, che risale agli ormai lontani anni ’70 del Novecento.
Fu allora che si verificò il clamoroso furto di ori, argenti e altri reperti preziosi dall’Antiquarium pompeiano.
Esso, ubicato in contiguità con Porta Marina superiore a Pompei Scavi era
angusto e affollato, ma costituiva una tappa ineludibile del turismo internazionale. Fu poi bombardato durante la seconda guerra mondiale e ricostruito nel dopoguerra da Maiuri.
Di quel vero e proprio Tesoro, sottratto alla Storia di Pompei e dei suoi Scavi, si è persa traccia, del tutto, in quanto le indagini non hanno avuto mai più alcun esito. La memoria di quei reperti preziosi però non si è persa e giace nella documentazione fotografica d’epoca e nelle riproduzioni di scienziati e artisti.
Tali oggetti, riprodotti come erano, in oro, argento o bronzo, potrebbero trovare collocazione nell’erigendo MAP.
Quali altre sono le motivazioni a sostegno della istituzione del MAP?
Intanto va sottolineato che Pompei è rimasta senza alcun sito espositivo da quasi mezzo secolo. Quanto sia costato questo in termini di indotto turistico non è facile calcolare, ma certo non è poco.
Intanto si sono costruiti nella nostra area vesuviano-sarnese nuovi siti espositivi o musei a Ercolano, a Sarno, a Nocera Inferiore e Boscoreale.
E, se qualcuno ci sfugge, si rafforzano le nostre tesi.
Più recentemente si è affacciato alla ribalta archeologica il bel Parco Archeofluviale di Poggiomarino e si prospetta a breve il rilancio concreto della destinazione museale della Reggia di Quisisana a Castellammare.
E Pompei? E la Città di Pompei? Dove sono allocati i reperti del Suburbio Pompeiano che hanno fornito meraviglie di ritrovamenti dal dopoguerra a oggi ? E dove saranno allocati i reperti che certamente in gran quantità saranno scoperti – meglio sarebbe dire dissotterrati – se si “mette mano” alla linea ferrata EAV/Circumvesuviana, in area Civita Giuliana?
Per caso a Comacchio? Ove macina record di visite il Museo attrezzato nel Palazzo BELLINI con reperti Pompeiani, nella scia – infausta per Pompei – tracciata in era franceschiniana!
Certo, il MAP per realizzarsi deve necessariamente trovare consonanza e condivisione non soltanto nella realtà pompeiana, già in sé tripartita, tra Soprintendenza/Parco Archeologico, Comune di Pompei e Santuario Pontificio. Quest’ultimo è il proprietario di almeno tre grandi contenitori edilizi ormai dismessi o in via di dismissione: in parole povere, tre grandi edifici vuoti o svuotati di funzione.
Superato il livello locale, si potrà arrivare ad una intesa con quello regionale, perché spetta all’ Ente Regione, costituzionalmente, la valorizzazione dei Beni Culturali.
Al buon intenditore Presidente De Luca quindi, poche parole: queste!
Federico L.I. Federico
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