Cronaca Giudiziaria

Politica & camorra, in aula il colonnello Pini. Ci sono altre inchieste sul ‘sistema Scafati’

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Scafati. Un quaderno blu e una penna in cella: l’ex sindaco Angelo Pasqualino Aliberti segue così la testimonianza del primo testimone convocato dalla pubblica accusa per essere ascoltato nel processo per scambio di voto politico-mafioso. Un’udienza tra passaggi formali, come quello dell’incarico per le trascrizioni delle intercettazioni, e una panoramica sulle indagini, nella quale è emerso che ci sono ancora altri fascicoli d’inchiesta ancora aperti che riguardano il sistema Scafati.
Il colonnello Giulio Pini, capo della sezione Dia di Salerno, ha il compito di ‘introdurre’ l’ampia inchiesta denominata ‘Sarastra’ che ha portato al processo per scambio di voto politico mafioso che si sta celebrando nei confronti dell’ex primo cittadino, della moglie e consigliere regionale di Forza Italia Monica Paolino, del fratello Nello Maurizio Aliberti, dell’ex staffista Giovanni Cozzolino, dell’ex consigliere comunale Roberto Barchiesi, dell’ex vicepresidente Acse Ciro Petrucci e di Andrea Ridosso, fratello di Luigi jr e figlio di Salvatore ‘piscitiello’ ucciso negli anni 2000 nella faida di camorra tra i Ridosso e i Muollo. Il testimone elenca atti di indagine e circostanze, date, attività di interesse investigativo, lo fa con precisione chirurgica e cronologica, interrotto pochissime volte dalla pubblica accusa. Mentre il colonnello elenca gli atti di indagine, Aliberti nella gabbia di vetro destinata ai detenuti prende appunti e chiama – di tanto in tanto – i suoi avvocati. Le sue osservazioni vengono trasfuse in domande dei difensori, lo si intuisce.
Usa un quaderno blu per appuntare i particolari di una testimonianza durata poco meno di un’ora, alla quale è seguito il controesame dei difensori, con una lunga pausa per un black-out energetico in tribunale.
Il colonnello Pini, dinanzi ai giudici del primo collegio del tribunale di Nocera Inferiore – presidente Raffaele Donnarumma, a latere Noschese-Palumbo -, rispondendo alle domande del procuratore aggiunto della Dda di Salerno, Luca Masini e del pm Vincenzo Montemurro, ripercorre decine di atti di indagine, delegate alla Dia a partire dal marzo del 2015, per approfondire un’inchiesta avviata anni prima e rinvigorita dall’esplosione di una potente bomba carta, posizionata il 31 ottobre del 2014 dinanzi all’abitazione di Lucio Cuomo, cognato dell’ex consigliere comunale del Pd, Vittorio D’Alessandro. Quell’episodio, sul quale avevano già indagato i carabinieri del Reparto territoriale di Nocera, coordinati dalla locale Procura, passano di competenza all’antimafia nei primi mesi del 2005, innestandosi in un fascicolo d’inchiesta – il numero 4660 – aperto per verificare infiltrazioni della criminalità organizzata nell’assetto amministrativo e politico del Comune di Scafati. Il responsabile della Direzione investigativa antimafia di Salerno ha ripercorso analiticamente le tappe dell’attività della sua sezione a partire da quella delega e culminate poi nello scioglimento del consiglio comunale di Scafati, dopo il lavoro della commissione di accesso prefettizia, per infiltrazioni mafiose. Un’inchiesta che ha viaggiato su due livelli, quello giudiziario e quello amministrativo, poi sfociati nelle stesse conclusioni. “Dopo aver sentito il consigliere di opposizione Vittorio D’Alessandro – ha spiegato il colonnello Pini – sono stati esaminati i motivi per i quali poteva essere stato colpito e l’attenzione si incentrò sulla sua attività politica, caratterizzata da numerose interpellanze su diversi argomenti e in particolare sul progetto di realizzazione del Polo scolastico, sul quale esisteva già un parere dell’Anac che evidenziava criticità e difformità tra il progetto approvato nella gara d’appalto e quello esecutivo affidato alla Tyche”. Nel corso dell’indagine avviata dalla Procura di Nocera furono disposte delle intercettazioni telefoniche, poi trasfuse nel procedimento Dda, a carico dei fratelli Angelo Pasqualino e Nello Maurizio Aliberti e di Giovanni Cozzolino. Quella bomba fu messa in relazione all’attività politica di D’Alessandro, nell’ambito dell’amministrazione Aliberti. Nel corso della ricostruzione investigativa, il personale della Dia riprese le dichiarazioni rese dal pentito Pasquale Loreto nel 2011 che riguardavano l’attività dei Ridosso e i legami con la criminalità da parte del sindaco Aliberti. Un flashback investigativo, quello del testimone, incentrato sulle attività salienti tra le quali: perquisizioni, avvisi di garanzia come quelli notificati nel settembre del 2015, ad Aliberti, al fratello, alla moglie Monica Paolino – già consigliere regionale -, all’ex segretaria comunale Immacolata Di Saia e a Giovanni Cozzolino, lo staffista. “In quell’occasione fu trovato nell’ufficio del sindaco il curriculum di Andrea Ridosso” ha sottolineato il colonnello. Specificando, a seguito di domande della difesa che furono rinvenuti quel giorno circa 300 curriculum.
Impulso all’inchiesta che ha poi portato all’arresto, per scambio di voto di Angelo Pasqualino Aliberti, lo diede il pentimento di Alfonso Loreto – figlio di Pasquale – arrestato per estorsione aggravata dal metodo mafioso, insieme ad alcuni componenti della famiglia Ridosso, in particolare i cugini Luigi e Gennaro. “Nel corso delle indagini, oltre a numerose perquisizioni – ha ricordato il colonnello – sono stati ascoltati dal personale della Dia anche alcuni collaboratori o testimoni di giustizia, tra i quali Antonella Mosca (avvocato e ex compagna del pregiudicato Romolo Ridosso, alias Romoletto, padre di Gennaro e zio di Andrea Ridosso, ndr), e i pentiti Saverio Tammaro, Luigi Cassandra, Antonio Iovane o’ ninno (questi ultimi legati al clan dei Casalesi, ndr). Nell’indagine furono coinvolte tutte le società partecipate del Comune di Scafati con acquisizioni di atti presso la Stu Scafati Sviluppo, l’Acse e poi Scafati Solidale. Le attività di riscontro ad intercettazioni telefoniche disposte sia dalla Procura di Nocera Inferiore sia da quella di Torre Annunziata (nell’ambito di un procedimento su Andrea Vaiano, titolare di fatto della Tyche e patron della squadra di calcio locale, ndr) portarono gli inquirenti ad acquisire una mole di documenti, a sentire testimoni e a incrociare i dati emersi. Stamane, quelle intercettazioni sono state affidate ad un pool di periti per le trascrizioni e verranno trasfuse negli atti del dibattimento.
Il testimone Pini ha ricordato, tra le perquisizioni, quella al commercialista Filippo Sansone, amministratore della Scafati Sviluppo, e quella in carcere a Luigi e Gennaro Ridosso, quella a Roberto Barchiesi, Andrea Ridosso e alla zia Anna Ridosso, Raffaele Lupo, Ciro Petrucci, l’architetto Maria Gabriella Camera, i coniugi Enrico Pennarola e Carmela Paolino (cognati del sindaco, ndr). E infine il sequestro dei supporti telematici ai coniugi Aliberti il 3 aprile del 2017 per l’analisi dei profili social della coppia di politici. “Nell’ambito della perquisizione a Filippo Sansone fu trovato un contratto di pulizia stipulato tra la Stu Scafati Sviluppo e la Italia service, riconducibile ad Alfonso Loreto e Luigi Ridosso” ha ricordato il colonnello. Il teste ha messo insieme i tasselli di un intricato puzzle nel quale sono stati valutati numerosi aspetti, non ultimo quello di favori e assunzioni al piano di zona, di cui Scafati era Comune capofila che portarono gli uomini della Dia a casa dell’ex assessore Diego Chirico e della moglie Roberta Iovine, oltre che da Maddalena Di Somma, la funzionaria del Comune di Scafati, poi responsabile del Piano nel corso del mandato politico di Aliberti. Ed infine il capitolo ‘pompe funebri’ con le indagini sulle due società L’eternità e Cesarano, abilitate al trasporto sul territorio comunale.
Una lunga scia di atti, dunque, che hanno avuto come conseguenza lo scioglimento del consiglio comunale. “Le risultanze investigative – ha concluso il testimone, prima di passare alle domande dei difensori – sono state oggetto di valutazione della commissione di accesso disposta dal prefetto il 21 marzo del 2016 che ha portato allo scioglimento del consiglio comunale il 27 gennaio del 2017 da parte del consiglio dei ministri”. Il responsabile della Dia di Salerno ha risposto, poi, alle domande della difesa. Puntigliose quelle dei difensori di Aliberti, Silverio Sica e Giuseppe Pepe, i quali hanno chiesto particolari specifici sulle indagini, particolari che verranno riferiti in aula dai vari investigatori che le hanno effettuate. Particolari volti ad evidenziare l’attività politica dell’allora sindaco che nella strategia difensiva – più volte espressa da Angelo Pasqualino Aliberti anche attraverso i social e nell’ambito del procedimento giudiziario – dovrebbe far emergere le azioni messe in campo dal politico a contrasto della criminalità organizzata. Piccole sfumature, sostanziali per i difensori, sono state affrontate in maniera generica in attesa che vengano spiegate dai numerosi testimoni che saranno convocati dalla pubblica accusa e dalla stessa difesa. Un’udienza nella quale su insistenza della difesa è emerso che vi sono altri processi stralcio in corso di indagine, così come si evince dall’avviso di conclusione che ha dato il via al processo in corso.
Gli avvocati Silverio Sica e Giuseppe Pepe a conclusione del controesame hanno chiesto l’acquisizione di alcuni documenti (note al Prefetto di Aliberti e una delibera di consiglio comunale) sui quali i pm si sono riservati di poter controdedurre. Quella di oggi è il primo piccolo passo nel processo che si svolgerà al Tribunale di Nocera e a quanto sembra non è l’ultimo processo che sarà celebrato sulle presunte collusioni tra criminalità e politica a Scafati.

Rosaria Federico


Articolo pubblicato il giorno 16 Luglio 2018 - 22:04

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