Napoli.Era la notte tra il nove e il dieci giugno del 2013 quando Leonardo Mirti, l’investitore di Posillipo, lanciò la propria Smart investendo i due presunti rapinatori nella zona del Virgiliano. I giudici hanno valutato l’attenuante della provocazione: una rapina subita mentre l’uomo era in auto con la fidanzata durante un momento di intimità, livellando la condanna per il duplice omicidio di Alessandro Riccio e Emanuele Scarallo di 17 e 18 anni, ritenuti i presunti rapinatori al Virgiliano. Dopo cinque anni c’è una sentenza che chiude, salvo il ricorso in appello, il caso con una condanna a 8 anni e 8 mesi per duplice omicidio volontario.
Secondo i giudici romani, la condanna per il duplice omicidio andava ricalcolata sulla base di un principio: riconoscere all’imputato dell’attenuante della provocazione. Quindi ricalcolare la pena tenendo presente cosa avrebbe scatenato l’inseguimento: la provocazione inflitta a chi subisce una rapina. Il centro del discorso ruota attorno alla sequenza rapina-inseguimento-omicidio. Quella notte a Posillipo l’auto di Leonardo Mirti venne presa di mira. Il giovane fu costretto a cedere il cellulare ad un branco di delinquenti mentre era circondato dal gruppo insieme alla sua fidanzata. A chiarire la dinamica dei fatti le immagini di videosorveglianza. Non ci stanno i parenti delle due vittime. “Il calcolo della pena – dice l’avvocato – è stato condizionato da un’ipotesi investigativa indimostrata, quella di una rapina perpetrata ai danni del Mirti. Ma non c’è prova che i due ragazzi uccisi fossero gli autori della rapina”. Inevasa anche la richiesta di risarcimento. “Così quei ragazzi sono stati uccisi due volte”.
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