Una donna sola, forse fragile, finita in quello che gli inquirenti definiscono “un brutto giro” con la casa aperta a varie frequentazioni e conoscenti. Uno dei quali l’ha uccisa, durante una lite banale mentre era sotto l’effetto della cocaina. E ora non sa spiegarsi perche’ lo ha fatto. E’ lo scenario ricostruito dagli inquirenti del brutale omicidio di Sabrina Malipiero, 52 anni, commessa in un supermercato, madre di due figli grandi, separata da anni dal marito, trovata sabato in una pozza di sangue nella sua abitazione in via Pantano a Pesaro. Aveva aperto la porta al suo assassino, Zakaria Safri, 38 anni, marocchino regolare in Italia, imbianchino disoccupato, e nonostante le difficolta’ economiche assuntore di cocaina. Un frequentatore abituale della casa. Una volta dentro, una frase denigratoria della donna ha scatenato una reazione abnorme: l’uomo ha preso a pugni Sabrina, lasciandole il volto tumefatto, poi le ha inferto due coltellate al collo, una delle quali l’ha raggiunta alla giugulare, provocando la morte per dissanguamento. Un massacro che Safri, davanti agli inquirenti ha tentato di giustificare dicendo di essere sotto l’effetto della cocaina. Ha lavato l’arma del delitto, un coltello da cucina lasciando in casa. Poi ha fatto una serie di gesti sconclusionati, lasciando in giro una maglietta sporca di sangue, portando via alcuni oggetti ed effetti personali. E’ fuggito a bordo della Daewoo Matiz della vittima: un’auto che in realta’ aveva preso in prestito varie volte e che poi ha abbandonato in un’altra parte della citta’. Il corpo della donna e’ stato scoperto quasi 24 ore dopo, intorno a mezzogiorno di sabato dal figlio di Sabrina, dopo che la madre non si era presentata al lavoro. Le indagini coordinate dai pm Silvia Cecchi e Giovanni Fabrizio Narbone e condotte dalla Squadra Mobile di Pesaro, si sono presto focalizzate sulle frequentazioni piu’ recenti e assidue della vittima, analizzando i contatti del suo telefono cellulare. Una decina di persone sono state convocate in Questura. Ma mentre gli altri sono andati via dopo essere stati sentiti, Safri e’ rimasto. Ad insospettire gli investigatori, prima di tutto la mano destra tumefatta (con cui aveva preso a pugni quella che ha definito “la mia amica Sabrina”), poi un graffio sul petto (che la vittima gli ha procurato mentre cercava disperatamente di difendersi). E ancora le chiavi della Daewoo Matiz nera, gli oggetti (soprattutto bigiotteria) provenienti dall’abitazione di Sabrina trovati in casa sua. Per ore Safri ha negato, fornendo spiegazioni fuorvianti e sconclusionate, sempre piu’ insostenibili, arrivando a dire di essere arrivato nell’appartamento dell’amica e di averla trovata gia’ morta o agonizzante, di avere cercato di soccorrerla e poi di essere scappato per paura. Solo stamattina presto e’ crollato e ha confessato tutto: ora si trova nel carcere di Villa Fastiggi, con l’accusa di omicidio volontario con l’aggravante dei futili motivi. Perche’ nessuno e’ riuscito sinora a dare una spiegazione sensata a quello che e’ avvenuto.
Articolo pubblicato il giorno 15 Luglio 2018 - 22:43