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Colpo alla Mafia messinese. Sgominata la ‘cellula’ operativa del clan Sparta’, egemone sulla zona sud di Messina. I carabinieri del Comando di provinciale di Messina hanno eseguito 8 misure cautelari con il supporto del 12esimo Nucleo Elicotteri carabinieri di Catania, sulla base di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Messina su richiesta della Dda guidata dal procuratore Maurizio De Lucia: 7 i reclusi in carcere, uno agli arresti domiciliari per associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, usura, intestazione fittizia di beni e violazioni degli obblighi della sorveglianza speciale, tutti aggravati dal metodo mafioso. Il provvedimento scaturisce da una complessa attivita’ di indagine, denominata “Polena”, avviata nell’ottobre 2014 dal Nucleo Investigativo del Comando provinciale carabinieri di Messina, coordinata dai sostituti procuratori Liliana Todaro e Maria Pellegrino, che ha preso le mosse dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Daniele Santovito, che hanno fatto luce sull’attivita’ del clan riconducibile al detenuto Giacomo Sparta’ (in carcere dal 25 marzo 2003), capo dell’omonimo Clan, egemone nel racket dell’usura e delle estorsioni in danno di commercianti ed avventori di sale scommesse, i cui proventi concorrevano ad alimentare la “cassa comune” della cosca.  L’esistenza di un gruppo mafioso nel territorio del popoloso quartiere a sud di Messina, Santa Lucia Sopra Contesse, e’ riconosciuta in diversi provvedimenti giudiziari, alcuni dei quali divenuti definitivi. Gli elementi raccolti hanno evidenziato la piena operativita’ del gruppo criminale, ben strutturato e ben radicato nel territorio cittadino e che aveva in programma numerosi reati contro il patrimonio e la persona. Al vertice c’era Raimondo Messina, reggente del clan Sparta’, insieme a Gaetano Nostro, entrambi in questo momento gia’ detenuti. L’attenzione si e’ inizialmente concentrata su Messina e su Luca’, entrambi indicati quali uomini di fiducia di Giacomo Sparta’ dal collaboratore Daniele Santovito. Messina gestiva la cassa comune del gruppo, alla quale attingeva anche per il sostentamento dei detenuti e delle loro famiglie. La cosca si e’ costantemente dimostrata capace di interferire e di condizionare l’attivita’ di alcuni imprenditori messinesi, non solo imponendo assunzioni di personale, ma anche imponendo loro le scelte imprenditoriali. In particolare, e’ stato accertato nel corso dell’inchiesta come, al fine di eliminare del tutto la concorrenza al bar “Il Veliero”, riconducibile a Saro Messina, un pasticcere sia stato obbligato a interrompere la vendita di bibite e caffe’ nel locale adiacente che, secondo gli arrestati, sarebbe stato responsabile di un calo degli introiti. In un altro episodio, un imprenditore attivo nel settore del commercio all’ingrosso di prodotti alimentari, e’ stato costretto a interrompere le forniture di carne e lavorati di macelleria ad alcuni ristoranti cittadini per favorire la nascente attivita’ di macelleria di uno degli indagati. Documentata la consuetudine di imporre l’assunzione di parenti e conoscenti degli indagati, oltre che di impedirne il licenziamento.


Articolo pubblicato il giorno 19 Luglio 2018 - 08:18


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