Una frammentazione totale dei clan, che reclutano giovani e giovanissimi tra le loro fila per fare affari. E’ il quadro emerso dalla relazione semestrale della Dia sulla camorra napoletana. “Esiste disagio generazionale che interessa giovani, per i quali i modelli criminali proposti dai clan continuano ad esercitare una forte attrattiva, rappresentando un facile strumento per la conquista di potere e ricchezza – si legge nella relazione semestrale – proprio questi giovani rappresentano un bacino inesauribile per le organizzazioni criminali, dove reclutare manovalanza da impiegare per lo spaccio di stupefacenti, le estorsioni e, in alcuni casi, anche per la consumazione di omicidi. A questa pletora di aspiranti camorristi, si aggiunge la schiera di ragazzi che appartengono a famiglie mafiose e vengono iniziati, dagli stessi genitori, ad attivita’ criminali, ancora bambini”. Gli investigatori sottolineano poi che solo la citta’ di Napoli conta cento cosche. “Organizzazioni camorristiche traggono costanti e cospicui profitti continuano ad essere il traffico di sostanze stupefacenti, il contrabbando di tabacchi lavorati esteri, l’estorsione, l’usura, la commercializzazione di prodotti con marchi contraffatti, lo smaltimento e la gestione dei rifiuti, la contraffazione nonche’ l’infiltrazione nel settore degli appalti pubblici – scrive la Dia – la contraffazione, in particolare, distingue l’operativita’ dei clan camorristici rispetto a quella delle altre associazioni mafiose, sia per il know how acquisito nel creare prodotti falsi, sia per la capacita’ di commercializzare, attraverso una fitta rete di referenti, la grande quantita’ di beni che giungono in Campania dai Paesi Asiatici, attraverso il Porto di Napoli”.
Articolo pubblicato il giorno 18 Luglio 2018 - 19:04