“E’ incostituzionale negare qualsiasi beneficio penitenziario ai condannati all’ergastolo per aver causato la morte di una persona sequestrata a scopo di estorsione, terrorismo o eversione, prima che abbiano scontato almeno 26 anni di detenzione”. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale poiche’ “la preclusione assoluta e’ intrinsecamente irragionevole alla luce del principio stabilito dall’articolo 27, terzo comma, della Costituzione, secondo il quale le pene ‘devono tendere alla rieducazione del condannato'”. La Corte costituzionale lo ha affermato nella sentenza n. 149 depositata oggi (relatore Francesco Vigano’), con la quale e’ stato dichiarato incostituzionale l’articolo 58 quater, comma 4, della legge n.354/1975 sull’ordinamento penitenziario la’ dove si applica ai condannati all’ergastolo per i due “reati ostativi” previsti dagli articoli 630 e 289 bis del codice penale. La questione era stata sollevata dal Tribunale di sorveglianza di Venezia, al quale un condannato all’ergastolo per sequestro a scopo di estorsione e omicidio della vittima aveva chiesto di poter accedere al regime di semiliberta’ avendo trascorso piu’ di 20 anni in carcere, dove si era meritevolmente impegnato in attivita’ lavorative e di studio. In primo luogo, i giudici costituzionali hanno ritenuto che la norma sovvertisse indebitamente la logica di progressivita’ con cui, secondo il vigente ordinamento penitenziario, il condannato all’ergastolo deve essere aiutato a reinserirsi nella societa’, attraverso benefici che gradualmente attenuino il regime carcerario, favorendone contatti via via piu’ intensi con l’esterno del carcere. Di regola, infatti, gia’ dopo avere scontato 10 anni di pena, l’ergastolano, se mostra una fattiva partecipazione al programma rieducativo, puo’ beneficiare dei primi permessi premio e puo’ essere autorizzato a uscire dal carcere per il tempo strettamente necessario a svolgere attivita’ lavorativa all’esterno delle mura penitenziarie. In caso di esito positivo di queste prime esperienze, dopo 20 anni l’ergastolano “comune” puo’ essere ammesso al regime di semiliberta’, che consente di trascorrere la giornata all’esterno del carcere per rientrarvi nelle ore notturne; e dopo 26 anni, qualora abbia dato prova di sicuro ravvedimento, puo’ finalmente accedere alla liberazione condizionale. La norma ora dichiarata illegittima – con riferimento ai soli condannati all’ergastolo per i reati considerati – appiattiva invece all’unica e indifferenziata soglia temporale dei 26 anni la possibilita’ di accedere a tutti questi benefici, impedendo cosi’ al giudice di valutare il graduale progresso del condannato nel proprio cammino di reinserimento sociale.
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