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Faceva uscire messaggi cifrati dal carcere sui vestiti: condannata la figlio del boss

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La Corte di Cassa­zione (presidente Vincenzo Rotundo) ha messo la parola fine sulla sezione femmine del clan Gionta di Torre Annunziata guidata da Teresa Gionta figlia dal padrino Valentino, detenuto da circa 30 anni. Otto anni è la pena definitiva incassata da Teresa Gionta, accusata di essere stata a capo della cosca dopo l’arresto dei suoi fratelli Pasquale e Aldo. Dalle indagini é emersa l’organizzazione di un nuovo sistema della raccolta delle estorsioni, con mini-rate per la riscossione del pizzo. Sarebbero stati Teresa Gionta e il marito ad organizzare, il “Codice Gionta”: un sistema di cifre stampate sui vestiti dei detenuti per inviare messaggi criptici e ordini dei boss agli affiliati. Numeri e lettere trascritti su pezzi di stoffa cuciti nei vestiti. Eti­chette che nascondevano veri e propri messaggi, come chia­rito dalle indagini innescate da un controllo della polizia penitenziaria a carico del marito di Teresa Gionta. Un sistema ingegnoso ricostruito, passo passo, dalle meticolose indagini dell’Antimafia. Le altre condanne definitive riguardano anche altri personaggi di spicco del clan, come Felice Savino,detto “peracotta”, (pure per lui 8 anni) e che nelle scorse settimane, è tornato in carcere dopo un periodo di detenzione agli arresti domiciliari. Suo figlio, Pasquale Savino, è stato condannato, invece, a 7 anni e mezzo. Infine 6 anni a testa per Francesca Donnarumma e Anna Paduano, rispettivamente mamma e sorella di Sasà Paduano, ii baby boss figlio dell’ergastolano Ciro e nipote di Valentino Gionta, che per qualche anno nonostante la sua giovane età aveva retto le sorti della cosca. Confer­mati anche i 4 anni di carcere per Benito Cioffi, per il quale è comunque caduta l’aggravan­te mafiosa già in primo grado.


Articolo pubblicato il giorno 15 Luglio 2018 - 10:09

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