Campania

Campania, la maladepurazione non risparmia nessuna provincia. Oltre i limiti i valori di inquinanti riscontrati in oltre la metà dei campionamenti

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È una fotografia a tinte fosche quella scattata da Goletta Verde lungo le coste campane che continuano a subire la minaccia della mancata depurazione: su trentuno punti monitorati ben venti presentavano cariche batteriche elevate. Nel mirino ci sono sempre canali, foci di fiumi e torrenti che continuano a riversare in mare scarichi non adeguatamente depurati. E ci sono anche record assoluti, con situazioni che nonostante esposti dell’associazione e controlli delle forze dell’ordine mostrano un inquinamento ormai cronico: è il caso ad esempio la foce del fiume Irno a Salerno, del Savone a Mondragone, del fiume Sarno tra Castellammare e Torre Annunziata, della foce dei Regi Lagni a Castevolturno, della foce del canale di Licola a Pozzuoli e della foce del torrente Asa a Pontecagnano giudicati “fortemente inquinati” per il nono anno consecutivo.
Il bilancio del monitoraggio svolto lungo le coste campane dall’equipe tecnica di Goletta Verde, la storica campagna di Legambiente dedicata al monitoraggio ed all’informazione sullo stato di salute delle coste e delle acque italiane (realizzata anche grazie al sostegno del CONOU, Consorzio nazionale per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati, e dei partner Novamonte Ricrea)- è stata presentata questa mattina in una conferenza stampa al Circolo Canottieri Irno di Salerno da Francesca Ferro, direttrice di Legambiente Campania; Davide Sabbadin, portavoce di Goletta Verde e Giancarlo Chiavazzo, responsabile scientifico di Legambiente Campania, alla presenza del comandante della Capitaneria di Porto di Salerno Giuseppe Menna.
«La maladepurazione è un’emergenza ambientale che va affrontata con urgenza, visto tra l’altro che siamo stati anche condannati a pagare all’Ue una multa da 25 milioni di euro, più 30 milioni ogni sei mesi finché non ci metteremo in regola. Soldi che avremmo potuto spendere più utilmente per aprire nuovi cantieri per la depurazione e realizzare sistemi efficienti e moderni, creando nuovi posti di lavoro – sottolinea Davide Sabbadin, portavoce di Goletta Verde -. E lo dimostra il nostro monitoraggio, che come ripetiamo sempre non vuole sostituirsi ai controlli ufficiali, ma punta ad accendere un riflettore sulle criticità ancora presenti nei sistemi depurativi regionali. Anche quest’anno la fotografia scattata da Goletta Verde ci restituisce un’istantanea a tinte fosche per molte aree della costa campana. Parliamo non a caso di malati cronici, situazioni critiche che segnaliamo da anni, ma per le quali evidentemente poco o nulla è stato fatto. Per questo Legambiente quest’anno affiancherà alla denuncia pubblica sullo stato delle acque anche un’azione giuridica, presentando nuovi esposti alle autorità competenti per chiedere di verificare le cause di queste criticità e denunciare i responsabili secondo le nuove norme previste dalla legge sugli ecoreati».
«Lo ribadiamo da anni, ma purtroppo non troviamo riscontri: è necessario affrontare con decisione il problema della mancata depurazionesoprattutto per una regione, come la Campania, che nella risorsa turistico ricreativa connessa al mare fonda importanti opportunità produttive e lavorative – dichiara Francesca Ferro, direttrice di Legambiente Campania. Ogni anno, purtroppo, il viaggio di Goletta Verde in Campania racconta della bellezza e dell’inferno e delle grandi contraddizioni di questa regione. Noi, nonostante questo, continuiamo a credere e lottare per quella Campania virtuosa, quella che sta puntando su innovazione, bellezza e sostenibilità. Una cosa è certa, però, non c’è più tempo da perdere».
I dati resi disponibili dall’Arpac relativi ai controlli svolti nel 2017sulle acque in uscita dagli impianti di depurazione, per quanto ancora in numero troppo esiguo, confermano la cronica criticità della situazione. Infatti, su un totale di 413 controlli eseguiti in Campania il 41% è risultato “non conforme”, con punte di non conformità del66% per gli impianti della provincia di Salernoe a seguire del50% per quelli della provincia di Avellino, del40% per quelli della provincia di Benevento, del 31% per quelli della provincia di Casertae del 29% per quelli della provincia di Napoli.

«Una situazione, dunque, tutt’altro che rassicurantee non si tratta semplicisticamente di realizzare impianti di depurazione o reti fognarie – sottolinea Giancarlo Chiavazzo, responsabile scientifico di Legambiente Campania – ma serve un’azione organica e coerente per la realizzazione di “sistemi di depurazione” improntati alla razionalità, alla efficacia ed efficienza, partendo dalla rilevazione dello stato di consistenza e funzionalità delle dotazioni esistenti per passare alla pianificazione e realizzazione di quelle necessarie sulla base di criteri di priorità e delle migliori pratiche disponibili».

Legambiente ricorda che le sorti dei servizi idrici e con essi della depurazione sono una prerogativa degli amministratori comunali campani, che sono titolati a decidere riuniti nell’Ente Idrico Campano (EIC), organismo fondamentale ma che purtroppo a quasi tre anni dall’istituzione non risulta di fatto ancora operativo. Un duro monito va dunque a tutti gli amministratori comunali, affinché operino finalmente con responsabilità nell’assicurare il governo, l’indirizzo e il controllo, dei servizi idricicon la pianificazione e programmazione dei servizi, l’individuazione ed il controllo dei gestori, la regolazione delle tariffe.

Non va meglio, infine, sul fronte dell’informazione ai cittadini.La cartellonistica informativa, obbligatoria da anni per i comuni e che dovrebbe avere la funzione di divulgare al pubblico la classe di qualità del mare, è praticamente assente: i tecnici di Goletta Verde che hanno avvistato in Campania soltanto un cartello rispetto ai 31 punti analizzati (alla foce del fiume Picentino, punto dove insisteva anche il cartello di divieto di balneazione). A questa già complessa situazione si aggiunge, inoltre, anche il degrado e la presenza di rifiuti – da plastica a materiali ingombranti – riscontrati in oltre il 90% dei punti monitorati lungo la costa campana.
Il dettaglio delle analisi di Goletta Verde
Il monitoraggio di Goletta Verde (eseguito dalla squadra di tecnici di Legambiente tra 25 e il 29 giugno 2018) prende in considerazione il campionamento dei punti critici che vengono principalmente scelti in base a un “maggior rischio” presunto di inquinamento, individuati dalle segnalazioni non solo dei circoli di Legambiente ma degli stessi cittadini attraverso il servizio SOS Goletta. Per questo vengono prese in esame le foci dei fiumi, torrenti, gli scarichi e i piccoli canali che spesso troviamo sulle nostre spiagge: queste situazioni sono i veicoli principali di contaminazione batterica dovuta all’insufficiente depurazione dei reflui urbani che attraverso i corsi d’acqua arrivano in mare. I parametri indagati sono microbiologici (enterococchi intestinali, Escherichia coli) e abbiamo considerato come “inquinati” i risultati che superano i valori limite previsti dalla normativa sulle acque di balneazione vigente in Italia (Dlgs 116/2008 e decreto attuativo del 30 marzo 2010) e “fortemente inquinati” quelli che superano di più del doppio tali valori.
Quattro punti monitorati in provincia di Caserta, di cui tre giudicati fortemente inquinati: foce Canale a Sessa Aurunca; alla foce del fiume Savone a Mondragone e alla foce dei Regi Lagni a Castelvolturno. Entrambi i punti ricevono lo stesso giudizio da parte di Legambiente da ben nove anni, proprio per questo lo scorso anno furono segnalati all’autorità giudiziaria con un esposto. Atto a cui ha fatto seguito una nota indirizzata a Legambiente per confermare indagini in corso sulle cause dell’inquinamento. Entro i limiti, invece, il prelievo effettuato alla spiaggia di fronte la foce della Fiumarella sempre a Mondragone.

In provincia di Napoli sono stati monitorati 14 punti: sei di questi presentavano cariche batteriche oltre i limiti.Giudizio di “inquinato” per il campione d’acqua prelevato nel mare di fronte la foce del Lagno Vesuviano a Ercolano. Giudizio di “fortemente inquinato” per le acque campionate alla foce del canale di Licola a Pozzuoli (stesso giudizio da nove anni anche in questo caso); alla spiaggia a sinistra della foce dell’Alveo Volla a San Giovanni a Teduccio; alla foce del fiume Sarno tra Torre Annunziata e Castellammare di Stabia (anche da nove anni c’è lo stesso giudizio); alla spiaggia di fronte al rivo San Marco in corso Garibaldi a Castellammare di Stabia e alla foce del canale Olmitello a Barano d’Ischia (località Maronti). Restando sull’isola, entro i limiti gli altri prelievi effettuati tra Ischia, Casamicciola Terme e Forio. Così come nessuna criticità riscontrata neanche negli campioni d’acqua prelevati nei comuni di Torre Annunziata, Torre del Greco, Portici e Bacoli (dettagli in tabella).

Situazione più problematica in provincia di Salerno, dove foci di fiumi e canali continuano a riversare in mare cariche batteriche elevate. Su tredici punti campionati, ben 11 ricevono un giudizio di “fortemente inquinato”. Tra questi spiccano la foce del torrente Asa a Pontecagnano e la foce del fiume Irno a Salerno che ricevono lo stesso giudizio da nove anni. Ci sono poi la foce del torrente Dragone a Atrani; la foce del fiume Tusciano a Battipaglia; la foce del canale di scarico a Marina di Eboli; la foce del fiume Picentino, tra Salerno e Pontecagnano; la foce del fiume Bussento a Policastro Bussentino (Santa Marina); la foce del rio presso via Poseidonia, altezza civico 441, in località Laura; e la foce Capo di Fiume a Torre di Paestum, entrambi nel comune di Capaccio. Tra Capaccio e Agropoli, stesso giudizio per il campionamento alla foce del fiume Solofrone. Ancora alla foce del rio Arena tra Castellabate e Montecorice. Entro i limiti i prelievi alla spiaggia presso via Mantegna a Salerno e alla spiaggia di fronte Rio Caca Fave a Vibonati.

Legambiente segnala di aver presentato esposti lo scorso anno – senza però ricevere risposta – per le criticità riscontrate a Pozzuoli (Lido di Licola); alla foce del fiume Sarno e alla foce dell’Irno a Salerno.

A queste denunce, quest’anno si affiancheranno gli esposti la foce dell’Alveo Volla a San Giovanni a Teduccio; la foce fiume Picentino tra Salerno e Pontecagnano Faiano; la foce del Tusciano a Battipaglia; del Rio Arena tra Castellabate e Montecorice e del fiume Bussento a Policastro Bussentino.

Tra i fattori inquinanti, troppo spesso sottovalutati, c’è anche il corretto smaltimento degli olii esausti. Proprio per questo, anche quest’anno il Consorzio nazionale per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati è main partner della campagna estiva di Legambiente. Attivo dal 1984 anni, il CONOU garantisce la raccolta e l’avvio a riciclo degli oli lubrificanti usati su tutto il territorio nazionale: lo scorso anno in Campania il Consorzio ha recuperato 12.208 tonnellate di questo rifiuto pericoloso per la salute e per l’ambiente. L’olio usato – che si recupera alla fine del ciclo di vita dei lubrificanti nei macchinari industriali, ma anche nelle automobili, nelle barche e nei mezzi agricoli – è un rifiuto che deve essere smaltito correttamente: 4 chili di olio usato, il cambio di un’auto, se versati in acqua inquinano una superficie grande come sei piscine olimpiche. Ma l’olio usato è anche un’importante risorsa perché può essere rigenerato tornando a nuova vita in un’ottica di economia circolare: il 98% dell’olio raccolto viene classificato come idoneo alla rigenerazione per la produzione di nuove basi lubrificanti, un dato che fa dell’Italia il Paese leader in Europa. “La difesa dell’ambiente e in particolare del mare e dei laghi – spiega il presidente del CONOU, Paolo Tomasi- rappresenta uno dei capisaldi della nostra azione. L’operato del Consorzio non solo evita una potenziale dispersione nell’ambiente di un rifiuto pericoloso, ma lo trasforma in una preziosa risorsa per l’economia del Paese”.


Articolo pubblicato il giorno 13 Luglio 2018 - 15:27
Redazione Cronaca

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