Una mega inchiesta raggiunse e travolse il potente clan D’Ausilio, operante secondo l’accusa sin dal 2007 in un’ ampia zona della città di Napoli compresa tra Bagnoli, Cavalleggeri d’ Aosta ed Agnano. Ben 64 furono le imputazioni elevate dalla distrettuale antimafia nei confronti dei 40 associati della ampia compagine diretta da Domenico D’Ausilo, soprannominato Mimì “ o sfregiato”. I luogotenenti del boss, coloro che facevano da cerniera tra il capo ed i numerosi affiliati, Roberto Tripodi e Gennaro Marigliano, furono raggiunti da un numero impressionante di accuse tra le quali associazione a delinquere, i tentati omicidi ai danni di Zinco Patrizio e Rigillo Ciro avvenuti nei primi mesi dell’anno 2008, numerosissime estorsioni, rapine, violazioni alla legge sugli stupefacenti, porto e detenzioni di armi da fuoco. Accuse che, però, sotto la scure degli annullamenti disposti dalla Suprema Corte si sono sempre più ridotte ed affievolite.
Come si ricorderà, all’esito del processo di primo grado, in data 18 luglio 2014 il Tribunale di Napoli emise una sentenza che può definirsi storica in merito ad un vasto quartiere della città, infliggendo condanne pesanti al capo clan Domenico D’Ausilio ed ai suoi numerosi uomini. In particolare, pur assolvendo Tripodi da ben otto capi di imputazione, costui fu comunque condannato in primo grado ad anni 29 per essere stato direttore ed organizzatore del clan D’Ausilio, per aver tentato l’omicidio ai danni di Zinco e di Rigillo, oltre che per estorsioni aggravate dal metodo ed una rapina alla gioielleria.
Mentre nei confronti di Gennaro Marigliano, altro elemento di primo piano ed avente il ruolo di killer del gruppo, il Tribunale irrogò anni 25 di reclusione sia per appartenenza al clan che per la partecipazione ai due mentovati tentati omicidi.
Il giudizio di secondo grado si concluse con la parziale riforma della sentenza di primo grado atteso che in data 26 ottobre del 2015 la Corte di appello di Napoli – VI sezione – assolveva Tripodi da uno dei reati a lui ascritti e riduceva la pena di anni 29 in precedenza inflitta, portandola ad anni 23 di reclusione; identico trattamento la Corte riservava a Marigliano .
Ma in data primo dicembre 2016 la Suprema Corte – V sezione -, in accoglimento dei ricorsi proposti dall’avvocato Dario Vannetiello, annullava la sentenza emessa dai giudici partenopei escludendo la qualità di direttore ed organizzatore in capo al Tripodi, annullando la condanna per il reato di rapina e per il reato di detenzione di droga ai fini di spaccio, ordinando un nuovo giudizio sia nei confronti del Tripodi ma anche nei confronti di Marigliano ritenendo fondate per quest’ultimo le censure in tema di trattamento sanzionatorio.
E così, mentre diveniva irrevocabile la condanna nei confronti degli altri affiliati ricorrenti facente capo a Domenico D’Ausilio, soprannominato “ Mimì o sfregiato”, elementi apicali della compagine, quali Tripodi e Marigliano potevano continuare la loro battaglia giudiziaria.
In sede di rinvio, a pronunziarsi fu di nuovo la quinta sezione della Corte di appello di Napoli, la quale in data 29 giugno del 2017 riduceva ulteriormente le pene a suo tempo inflitte , individuandole in anni 19, mesi 4 e giorni 24 di reclusione per Tripodi ed in anni 18 per Marigliano.
La inarrestabile difesa, nonostante la decisiva riduzione della pena ottenuta, intese proporre comunque impugnazione avverso tale sentenza, ricorso per cassazione che è stato deciso dalla I sezione penale, presieduta dal dott. Sarno e che ha visto come relatore il dott. De Lucia.
Orbene, i giudici capitolini, ancora una volta condividendo le argomentazioni giuridiche formulate dall’avvocato Dario Vannetiello, hanno nuovamente annullato anche la seconda sentenza emessa dalla Corte di appello di Napoli disponendo che dovrà tenersi, per la terza volta, il processo di appello.
Quanto verificatosi non è certo ricorrente nelle aule giudiziarie e porterà probabilmente ad una ulteriore erosione della pena inflitta, e non solo .
Infatti, a distanza di molti anni dalla esecuzione delle ordinanze di custodia cautelari, il procedimento penale, seppur ha portato alla definitività delle condanne nei confronti di tutti i ben 40 coimputati affiliati al clan, rispetto alla posizione di Tripodi e Marigliano il processo ancora non vede la fine proprio grazie all’inusuale duplice annullamento delle sentenze emesse dalla Corti partenopee deciso dalle due distinte sezioni della cassazione.
Ciò con elevata probabilità porterà prossimamente la difesa ad invocare un importante effetto : la revoca della custodia cautelare in carcere nei confronti di Roberto Tripodi e Gennaro Marigliano per decorrenza dei termini massimi di custodia cautelare.
La storia giudiziaria dei luogotenenti di “Mimì o sfregiato” non può dirsi finita.
Articolo pubblicato il giorno 3 Luglio 2018 - 18:06