ìLa prima bomba scoppio’ nella notte tra il 9 e il 10 novembre in via Pessina. L’esplosione si udi’ in tutti i vicoli del Cavone, quartiere popolare nel cuore di Napoli, a poche decine di metri dall’ingresso del Museo Archeologico Nazionale. Un ordigno artigianale che era stato posizionato davanti la vetrina dello Shabby Caffe’, un locale tutto bianco da poco ristrutturato che venne pesantemente danneggiato dall’esplosione. Sette mesi dopo un’altro attentato nella notte, questa volta in via Toledo, dove c’era un’altra sede del locale, e anche qui un’ordigno fu fatto deflagrare. Fiamme interessarono anche l’edificio sovrastante, creando panico tra i residenti. Gli inquirenti ipotizzarono in un primo momento che fosse opera dei ‘signori del racket’, invece era altra la pista da seguire. I due titolari dei locali, padre e figlio, sono stati arrestati questa mattina dalla Squadra Mobile di Napoli per traffico di sostanze stupefacenti. Dietro le bombe ci sarebbe appunto il loro legame con il clan Mazzarella e in particolare una vendetta per debiti che sono stati contratti da padre e figlio, che per sfuggire ai loro creditori avevano cambiato anche quartiere. Nel primo attentato, quello in via Pessina, i due imprenditori dichiararono pubblicamente di voler lasciare Napoli perche’ si sentivano traditi. In realta’, sospettano gli investigatori, sapevano bene quello che gli stava accadendo perche’ conoscevano i personaggi con i quali avevano a che fare. Agli arresti domiciliari, dunque, nell’ambito del blitz contro il clna Mazzarella che ha visto 17 misure cautelari, Mariano e Luigi Bonavolta, padre e figlio. Sono ancora in corso le indagini invece per risalire ai responsabili degli agguati dinamitardi che non sono stati individuati, ma c’e’ il sospetto piu’ che concreto che alcuni degli autori siano tra le persone che questa mattina sono finiti in carcere con le accuse di associazione camorristica, droga, estorsione e minacce.
Articolo pubblicato il giorno 18 Luglio 2018 - 17:42