“Aveva capacità cognitive paragonabili a quelle di un bambino di dieci anni.”, dichiara lo psichiatra del Tribunale di Torre Annunziata. Si tratta del caso di una giovane ragazza che “all’epoca dei fatti non era in grado di intendere e di volere”. Aveva appena diciannove anni ed era senza soldi né fissa dimora quando vendette suo figlio di pochi mesi a una coppia napoletana ma residente a Settimo Milanese. Per questo motivo, la ragazza madre che oggi di anni ne ha ventiquattro non può andare a processo per alterazione dello stato civile di un neonato, dunque va archiviata la sua posizione.
Era la primavera del 2014, e alla stazione ferroviaria di Napoli la giovane ragazza vendette suo figlio di meno di sei mesi ad una facoltosa coppia napoletana che non riusciva ad avere figli. La ragazza madre incassò novemila euro in contanti e salutò il piccolo, salvo poi pentirsi del gesto e denunciare la scomparsa. Le indagini dei carabinieri, coordinate dal sostituto procuratore della Procura di Torre Annunziata Mariangela Magariello, ricostruirono tutta la vicenda, fatta di degrado sociale, tossicodipendenza, prostituzione e “cattive amicizie”.
Dopo aver partorito all’ospedale di Boscotrecase nel settembre 2013, la giovane registrò il bambino con il suo cognome al Comune di Torre del Greco. Disse che era frutto di una relazione con un uomo già sposato che non poteva riconoscerlo, mentre in realtà il padre naturale era single e in carcere. In pochi mesi, tra diversi alloggi di fortuna tra Terzigno e Giugliano, incontra un mediatore e chiude l’assurda trattativa.
Articolo pubblicato il giorno 14 Giugno 2018 - 08:17