Cinquant’anni dalla scoperta della Tomba del Tuffatore e, per l’occasione, il Parco Archeologico di Paestum organizza una mostra che inserisce la tomba più famosa della Magna Grecia in un percorso fatto di materiali archeologici e opere moderne, da Guido Reni a De Chirico.
L’obiettivo della mostra, curata dal direttore Gabriel Zuchtriegel, è di “spiegare perché la tomba, oggi come oggi, non si spiega”, come annuncia la guida-catalogo. Gli oggetti archeologici e le opere moderne esposte in mostra raccontano come sin dal Settecento nuovi scavi e scoperte, ma anche correnti artistiche e ideologiche hanno creato il presupposto per una delle controversie più accese dell’archeologia: quella sul significato dell’immagine del tuffatore, che ancora oggi è del tutto aperta. Più che dare una risposta univoca, schierandosi con l’una o l’altra scuola di pensiero, la mostra, da un’angolazione espressamente postmoderna, cerca di spiegare le basi culturali e scientifiche di questa controversia, mettendo i visitatori nella condizione di ripercorrerla e di farsi una propria opinione. “Questa cosa – ammette Zuchtriegel – ha fatto discutere molto, anche all’interno del gruppo di lavoro, perché la mostra è la confessione materializzata che l’archeologia non è fatta solo di dati oggettivi, ma anche di prospettive e domande che nascono dal presente – e questo non va giù a tutti.” Il comitato scientifico, infatti, ha perso qualche pezzo nel corso del tempo, in quanto non tutti i componenti hanno condiviso l’approccio postmoderno del direttore il quale comunque assicura di non essere rimasto male nei confronti di nessuno. “Discutere fa bene – afferma – l’unica cosa che vorrei sottolineare è che questa mostra non c’entra nulla con accostamenti arbitrari e superficiali tra antico e moderno … non è una mostra sulla bellezza, anche se personalmente la trovo bellissima. Ma il vero tema è il senso e la verità di un’immagine di 2500 anni fa che era fatta per rimanere invisibile per sempre, una volta chiusa la tomba. Come possiamo pensare di scoprire il vero senso di un’immagine che non è fatta per noi? Credo che siamo i primi ad aver posto questa domanda in una mostra archeologica in maniera così radicale.” La mostra, che apre le porte al pubblico nella data del 3 giugno 2018, esattamente 50 anni dopo la scoperta avvenuta in quello stesso giorno dell’anno 1968, è stata realizzata con il cofinanziamento dello Stato Italiano e dalla Regione Campania, nell’ambito del POC Campania 2014 – 2020. Per l’occasione si apre al pubblico il “Giardino di Hera” – alle spalle della Sala Mario Napoli che ospita la Tomba del Tuffatore – realizzato in occasione dell’ampliamento del Museo firmato dall’architetto Ezio De Felice e inaugurato nei primi anni ’70. Grazie al contributo degli Amici di Paestum, il Giardino è stato riqualificato ed è stato realizzato anche un orto archeo-botanico con piante tipiche del territorio e un percorso didattico che metterà in evidenza il rapporto tra le piante e l’archeologia. Alla conferenza stampa di presentazione di questa mattina sono intervenuti: Vincenzo De Luca, Presidente della Regione Campania, Francesco Palumbo, sindaco del Comune di Capaccio/Paestum, Achille Bonito Oliva, critico d’arte, Lucia Anna Iovieno, progettista dell’allestimento della mostra, Teresa Giuliani, presidente dell’Associazione “Amici di Paestum” e Gabriel Zuchtriegel.
Articolo pubblicato il giorno 1 Giugno 2018 - 15:55