Per dare seguito ai valori della Giornata Mondiale del Rifugiato del 20 giugno, a Napoli il tempo lo si trascorre a giocare al tiro a bersaglio: un gioco in cui il bersaglio è un extracomunitario.
Questo perché a Napoli non basta la violenza della criminalità organizzata e della microcriminalità a tenere sempre alta la tensione, ora pare ci sia un altro tipo di violenza: il delinquente, criminale di turno che impiega il suo tempo a sparare al primo passante che capita. L’episodio più grave è sicuramente quello che vede vittima Konaté Bouyagui, ventiduenne del Mali che a Napoli ci è arrivato da minorenne e richiedente asilo e che oggi, con altri extracomunitari, ha rilevato una società e trasformato un locale a Chiaia in ristorante multietnico, “Kikana”, nel quale lavorano altri rifugiati. Intorno l’una di giovedì notte, Konaté tornava a casa a piedi, quando lungo l’ultimo tratto di Corso Umberto verso piazza Garibaldi, da un’auto in corsa, qualcuno gli punta contro la canna di un fucile. L’arma era caricata a salve ma ha sparato piombini ad aria compressa: due colpi colpiscono il giovane all’addome.
“Ho sentito forti le loro risate quando hanno tirato fuori il fucile dal finestrino dell’auto e mi hanno sparato”, ha poi raccontato Bouyagui agli agenti della polizia dopo il ricovero al Loreto Mare, dov’è stato curato e dimesso con una prognosi di dieci giorni. “Hanno colpito un ragazzo che è il simbolo di un percorso di accoglienza che funziona – dichiara Marika Visconti, Presidente di Less Onlus – Quanto accaduto è probabilmente il becero frutto di quanto sta succedendo in Italia”. La presidente racconta che violenze come questa succedono spesso, anche se poi, purtroppo, non riescono a venire a galla. E lancia l’apertura di uno sportello di denuncia contro le violenze razziali. “Qualche giorno fa un ragazzo africano si è preso quattro coltellate dal suo datore di lavoro, un meccanico che non aveva intenzione di pagarlo. Poi ogni giorno c’è chi prova ad investirli per strada con l’auto. Una caccia all’uomo nero priva di senso. È per questo che dobbiamo alzare la voce”.
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