Napoli. Nei territori occupati dal sedicente Stato Islamico e nei campi di addestramento dell’Isis l’uso degli Iphone e’ rigorosamente vietato, mentre e’ consentito utilizzare gli altri smart phone. A rivelarlo, durante un interrogatorio, e’ Alagie Touray, il gambiano di 21 anni ritenuto legato a Daesh, fermato da Digos e Ros davanti una moschea di Licola, nel Napoletano, il 20 aprile scorso, al termine di un blitz antiterrosimo. Nel campo di addestramento nel deserto libico dove Touray si e’ preparato allo Jihad, diventando abile nell’uso delle armi e degli esplosivi, grande considerazione veniva riservata anche alle comunicazioni, che dovevano essere rigorosamente riservate, soprattutto quando i soldati del califfo Al Baghdadi si trovavano in Occidente. Nel campo c’era una persona che collaborava con l’addetto alla registrazione dei militanti, molto esperta nell’uso dei pc portatili. Fu lui a dire Touray che nei territori del sedicente Stato Islamico, e non solo, non si poteva utilizzare l’Iphone.
Una circostanza che Touray aveva gia’ appreso in Gambia, prima di intraprendere il viaggio che poi l’avrebbe portato verso il Mo’askar (l’addestramento). L’informazione ha suscitato la curiosita’ degli investigatori del Ros, coordinati dal colonnello Gianluca Piasentin. L’Iphone, infatti, e’ ritenuto un cellulare difficilmente decriptabile. Nel febbraio del 2016, in nome della privacy dei suoi clienti, la Apple fu coinvolta in una querelle giudiziaria: si oppose a un’ordinanza del giudice federale di Los Angeles che imponeva alla factory di Cupertino di fornire all’Fbi tutta l’assistenza tecnica necessaria per decriptare i dati contenuti nell’iPhone5c di Syed Rizwan Farook, uno dei due killer che il 2 dicembre 2015 assaltarono un centro di assistenza a San Bernardino, uccidendo 14 persone. L’uomo, insieme alla moglie, venne poi ucciso in un conflitto a fuoco con la polizia. Alla fine le autorita’ federali Usa riferirono di essere riusciti a sbloccare il telefono del terrorista ma senza la collaborazione della Apple. Il sospetto dell’aiutino, pero’, ci fu. E, forse, proprio in questa circostanza, risiede la risposta che gli inquirenti italiani ipotizzano: la Apple, in quanto statunitense, potrebbe essere piu’ incline di altre aziende a soddisfare le istanze degli investigatori americani.
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