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Il pizzo del clan Rega: ‘Devi pagare 200 euro a settimana altrimenti vai via di qua’

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“Nun e capit nient. Ca a cumannam nuje, ci devi pagare. Devi dare almeno 200 euro a settimana a Tommaso ’o chirichiello”, per le famiglie dei carcerati. Altrimenti ve n’ata je da Brusciano”. E poi dalle parole erano passati ai fatti, quando nell’ottobre del 2017, la vittima, un fioraio ambulante, che aveva saltato la rata del pizzo settimanale fu massacrato in strada con calci e pugni dagli emissari del boss Tommaso Rega. C’e’ anche questo nell’operazione antiracket dei Carabinieri a Brusciano. La misura di custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Napoli oltre al boss Tommaso Rega è stata notificata in carcere a Nicola Vallefuoco, 32enne, figlio del più noto Francesco, considerato dagli investigatori capo del temibile clan Vallefuoco legato ai casalesi e operante in Emilia Romagna fino al suo smantellamento e al 28enne Giovanni Rega, nipote del boss e detto o ‘chirichiello. In manette ieri mattina invece sono finiti  Tommaso Di Maio, alias “Vallanzasca”, 48enne di Brusciano, considerato dagli inquirenti braccio destro del boss; Vincenzo Turboli, alias “’o sabttell”, 38enne di Brusciano, in base all’ipotesi accusatoria considerato uomo di fiducia del capo e infine il 43enne Maurizio Castellano, un gregario. Gli arrestati  devono rispondere, a vario titolo, di tentata estorsione, estorsioni e lesioni personali, reati aggravati da metodo e finalita’ mafiose. Nel corso di indagini, i militari dell’Arma avrebbero raccolto elementi di responsabilita’ a carico degli indagati sulle richieste estorsive da anni avanzate dalla cosca a imprenditori e commercianti della zona, e ricostruito movente e modalita’ dell’aggressione a una delle vittime.Commercianti e piccoli imprenditori, per lo più di Brusciano ma anche residenti nei Comuni vicini: una serie di vittime da taglieggiare con visite periodiche a domicilio o in azienda, richieste di denaro con minacce a volte velate e altre volte molto più dirette, tirate fuori quando si trattava di far scucire i soldi del pizzo anche ai più riottosi. E a quelli che proprio non volevano saperne di pagare, poteva capitare di venire picchiato con estrema violenza: un modo per convincerli ad assuefarsi al sistema imposto dal clan. Ma il fioraio non era certo l’unica vittima dei signori del racket di Brusciano. Anche un familiare di un amministratore comunale dei dintorni, era finito nelle grinfie del clan, stavolta al cantiere si erano recati Turboli e Castellano per ricordare all’imprenditore che se voleva continuare a lavorare in pace, doveva pagare. Ma la vittima storica, un vero e proprio “bancomat” per gli estorsori sempre in base all’ipotesi accusatoria – era un imprenditore di Marigliano, titolare di diverse sale slot e altre attività, che per anni era stato costretto a versare nelle casse del clan (e anche in quelle di clan avversi) centinaia di migliaia di euro. Di ben 500 euro, una delle ultime mazzette che sarebbero state consegnate dall’uomo nelle mani di Di Maio e Giovanni Rega. Fino a quando, esausto, non ha deciso di denunciare tutto ai carabinieri. A maggio dello scorso anno già erano finiti in carcere quattro esponenti del gruppo Capasso-Castaldo di Marigliano ovvero Giovanni Castaldo detto ‘o luongo e Rosario Castaldo; Luigi e Salvatore Esposito, zio e nipote, l’uno detto o’sciamarro e l’altro o’ sciamarriello. Ma ci sono anche le dichiarazioni di alcuni pentiti he hanno fatto luce sullo scenario di camorra a Brusciano e dintorni e che hanno raccontato dello scontrocon  il gruppo “scissionista” della cosca. Scontro nato dal controllo delle piazze di spaccio ma anche dalla divisione dei proventi del racket nella zona tanto da portare appunto questi “scissionisti” a cercare di spodestare Rega. A dicembre 2016, ci fu infatti un agguato in pieno centro e in pieno giorno diede il via alla faida. Un commando di killer fece fuoco da un’auto in corsa contro Vincenzo Turboli, secondo gli investigatori uomo di fiducia del presunto boss, che però rimase quasi illeso. Seguirono numerose stese, sparatorie e bombe, due delle quali destinate all’indirizzo del presunto boss e di suo fratello Giancarlo. Colpi d’arma da fuoco furono esplosi anche contro l’abitazione di Tommaso Di Maio, i killer – sempre in base all’ipotesi accusatoria – avrebbero sparato dalle finestre nell’abitazione in cui si trovava anche la figlia piccola di “Vallanzasca”. In una delle ultime sparatorie, i killer, il cui obiettivo era anche stavolta Turboli che si trovava nei pressi di un sale e tabacchi, ferirono gravemente un innocente. Nicola Vallefuoco fu arrestato per una pena sospesa per rapina lesioni ed altro. E ora gli arresti di ieri mattina hanno messo la parola fine per il momento al dominio del clan Rega.


Articolo pubblicato il giorno 27 Giugno 2018 - 07:53

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