Carceri sovraffollate. Nei 191 Istituti penitenziari per adulti distribuiti sul territorio italiano, con una capienza complessiva di 50.615 posti, le persone detenute alla data del 31 maggio 2018 erano 58.569. Lo rende noto il Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, che presentava oggi la Relazione annuale nella Sala Capitolare del convento di Santa Maria sopra Minerva. In alcuni casi si verificano situazioni in cui le presenza raggiungono valori superiori al 150% della capienza regolamentare. Secondo le norme europee, il livello di presenze non dovrebbe mai superare l’85% della capienza, quindi la situazione attuale denota un grave sovraffollamento. Il Garante ha finora visitato 71 Istituti penali e ha sottolineato la difficoltà dei soggetti vulnerabili. In molte realtà penitenziarie le persone Lgbti vengono relegate in sezioni o celle specifiche che, se da un lato possono proteggere, dall’altro accentuano discriminazione ed emarginazione dei soggetti. Un’osservazione a parte per le persone transessuali, censite in 10 sezioni specifiche con 58 presenze, tutte in Istituti maschili. Il Garante sottolinea la necessità di spostare tali reparti nei Carceri femminili, dando rilevanza al genere vissuto dai soggetti. Proprio a proposito di Istituti femminili, il Garante denuncia la visione “maschio-centrica” delle carceri, che spesso costringono le donne a vivere la detenzione in un modello di subordine. Le donne sono il 4% della popolazione detentiva totale divise tra quattro istituti adibiti e 150 sezioni femminili. In questi ultimi non è prevista la presenza di un ginecologo tra gli specialisti a disposizione e le attività adibite alle donne sono per la maggior parte legate ai lavori a maglia o all’uncinetto. Permane, infine, il problema dei bambini che vivono nelle sezioni nido dei carceri. Alla data del 31 maggio 2018 i bambini sotto i tre anni sono 8 (con 7 mamme). Sopra i tre anni i bambini vengono affidati agli Icam (5 attivi in Italia) in cui possono restare fino ai 6 anni. Permettere a un infante di trascorrere i primi anni della propria vita in un istituto detentivo rappresenta una grave sconfitta, specie se le sezioni non coprono le necessità minime di un bambino di quell’età.
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