Torre del Greco. Nove anni di carcere anche Appello per Maria Giulia ‘Fatima’ Sergio la prima foreign fighter italiana, originaria di Torre del Greco, accusata di terrorismo internazionale per aver lasciato l’Italia ed essersi arruolata in Siria nell’esercito dell’Isis. A confermare la condanna inflitta nel dicembre di due anni fa per lei e per i suoi coimputati è stata oggi la prima Corte d’Assise d’Appello di Milano, presieduta da Maria Grazia Bernini, che ha accolto integralmente la richiesta del sostituto procuratore generale Nunzia Ciaravolo che ha definito Fatima, durante la sua requisitoria, “fanatica convinta”, con un ruolo fondamentale nel tentativo di convincere padre e madre, entrambi morti, e la sorella Marianna (condannata a 5 anni e 4 mesi in appello con rito abbreviato) a partire per i territori del Califfato. Per il pg la foreign fighter, addestrata pure ad usare le armi, era una “reclutatrice” ed aveva aderito “al programma criminale” dello Stato Islamico che, tra i propri obiettivi aveva quello di “uccidere i miscredenti” in qualsiasi parte del mondo fossero anche con il sacrificio del “martirio”. Così, con la sentenza di oggi, sono rimaste immutate anche le altre pene decise dalla Corte d’Assise nel dicembre 2016: 10 anni di carcere per il marito albanese di Fatima, Aldo Kobuzi (in Siria avrebbe fatto parte della “polizia religiosa”), 9 anni per la cosiddetta ‘maestra indottrinatrice’ Haik Bushra, cittadina canadese che si troverebbe in Arabia Saudita, 8 anni per Donika Coku e Seriola Kobuzi (anche loro sarebbero in Siria), madre e sorella di Aldo Kobuzi. Tutti gli imputati, infine, sono stati condannati a pagare le spese processuali. Le motivazioni della Corte saranno depositate entro 90 giorni. Maria Giulia ‘Fatima’ Sergio e Kobuzi erano partiti per andare a combattere con le milizie dell’Is nell’autunno del 2014 e di loro al momento non si sa più nulla: risultano latitanti e non si sa se siano vivi o meno. Il padre, Sergio Sergio, invece, venne arrestato assieme alla moglie Assunta Buonfiglio (per entrambi è stata dichiarata l’estinzione del reato in quanto morti nel corso del procedimento penale) e alla figlia Marianna nel luglio del 2015. Stando alle indagini dell’ex procuratore aggiunto, ora numero due alla Dna, Maurizio Romanelli, e del pm Paola Pirotta, erano tutti in procinto di lasciare Inzago, il piccolo paese nel milanese dove si erano trasferiti da Torre del Greco, per raggiungere la figlia che li incitava ad unirsi a lei via Skype con frasi del tipo: “Noi qui ammazziamo i miscredenti, tagliamo le teste e conquisteremo Roma”.
Articolo pubblicato il giorno 13 Giugno 2018 - 21:46