Il gup Egle Pilla del Tribunale di Napoli ha inflitto oltre 176 anni di carcere a 18 persone ritenute affiliate a un gruppo di narcotrafficanti un tempo legato al clan napoletano degli Amato Pagano di Secondigliano, in particolare a “lady camorra” Rosaria Pagano, guidato da Mario Avolio, detto “‘o ciuraro”. Il Tribunale, in particolare, ha condannato a 20 anni di reclusione Avolio e disposto anche la confisca di alcune societa’ sequestrate dalla Polizia di Stato nel corso di un maxi blitz: il provvedimento riguarda il 50% della societa’ Ma.Ma. Service srl; l’autoscuola Manzoni 3 srl; il 90% dell’officina Professional Service srl di Casandrino; la Rev di Casoria (Napoli) e la societa’ Mondo revisioni srl di Napoli. Il narcotrafficante Mario Avolio, dopo la rottura con Rosaria Pagano, sorella del boss scissionista Cesare, fonda un suo gruppo criminale che importa droga, in particolare di hashish e cocaina, da rivendere ai clan di camorra. Marco Avolio venne fermato dalla Ps dopo un ingente sequestro di hashish, circa 350 kg, avvenuto tra Ventimiglia e Imperia. Avolio, insieme con Ferdinando Lizza (oggi anche lui condannato a 20 anni di carcere), detto “‘o ragioniere”, un tempo uomo fidato e contabile degli Amato Pagano, in particolare del capoclan Cesare Pagano con il quale ha trascorso la latitanza in Spagna. Avolio e Lizza, dopo la rottura con “zia Rosaria Pagano”, si creano canali propri e, in Spagna, allacciano i rapporti con Giuseppe Iavarone, detto “Pepp ‘o Gitano” o “Pepp cap ‘e mort” (oggi condannato a 10 anni), per approvvigionarsi di hashish, e in Olanda per la cocaina. Iavarone venne arrestato il 17 gennaio del 2017 a Malaga, in un blitz congiunto della Squadra Mobile della Questura di Napoli e dell’Unidad de Droga y Crimen Organizado iberica, ell’ambito della piu’ vasta Operazione “Lady’s Empire”. Gli arresti di capi e gregari, una volta legati agli scissionisti, del gruppo di Mario Avolio risalgono all’inizio del 2017. Ad Avolio la Squadra Mobile della Questura di Napoli sequestro’ anche un bar di Secondigliano, riconducibile alla figlia, che in un’intervista concessa nel maggio del 2016 dopo l’incendio del suo locale, si lamento’ del fatto che Napoli fosse terra di camorra.
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