Ventitre misure cautelari – 3 le persone portate in carcere, 7 poste ai domiciliari e altre 13 sottoposte all’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria – sono scattate in esecuzione a una specifica ordinanza del Gip ravennate Federica Lipovscek emessa su richiesta del Pm Angela Scorza. L’inchiesta era scattata dopo il fermo dei tre autori di una tentata rapina alla filiale di Sant’Agata, nel ravennate, della Cassa di Risparmio di Ravenna. Nel corso delle verifiche, era emersa una figura di riferimento nell’area del ravennate che si rapportava con diversi presunti complici napoletani legati a una piu’ ampia struttura criminale capace di fornire assegni rubati, poi clonati e contraffatti ad hoc per essere cambiati. L’ operazione, denominata “Fake”, ha visto l’impiego di circa cento Carabinieri che durante la notte hanno perquisito numerose abitazioni portando alla luce un’associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio. L’operazione ha smantellato un’organizzazione ben strutturata e capillare sul territorio nazionale, dedita non solo a rapine, ma anche – tramite l’apertura di conti correnti ad hoc – anche alla spendita di assegni falsi e al riciclaggio di assegni contraffatti. In particolare i raggiri con gli assegni avrebbe fruttato un giro d’affari di circa 50mila euro a settimana, solo in Romagna. Il beneficiario fittizio, definito “cambiatore”, sarebbe stato colui che provvedeva ad aprire nuovi conti correnti nei vari istituti bancari dove poi piazzare gli assegni clonati. In totale i carabinieri hanno sequestrato 270mila euro in valore di di assegni. Secondo le accuse i “cambiatori” che si prestavano ad aprire conti correnti erano persone in difficoltà economica, che da ogni assegno ottenevano una contropartita del 15%. Il giro degli assegni rubati fruttava 50mila euro alla settimana: sgominata associazione a delinquere
Si parla di cifre importanti: solo nella zona del lughese si tratterebbe di un giro d’affari di circa 50mila euro a settimana. Si tratta di assegni postali, bancari, circolari e di compagnie di assicurazione di importi non molto rilevanti (tra i 500 e i 5000 euro), il cui incasso consentiva quindi di evitare di attirare l’attenzione degli impiegati agli sportelli all’atto dell’apertura dei conti correnti, data l’esiguità degli importi e, conseguentemente, di evitare il movimento fisico dell’assegno tra banca traente e banda beneficiaria.
Infatti, l’organizzazione imponeva di non scontare gli assegni presso gli sportelli delle banche emittenti al fine di eludere un rapido riscontro sulla genuinità del titolo di credito. Le modalità di attuazione del reato e il valore degli importi facevano sì che gli uffici legali degli istituti di credito (tutti tra Lombardia ed Emilia Romagna) reputassero poco conveniente, anche in termini economici, rivalersi nei loro confronti per rientrare in possesso delle somme e perseguire i responsabili di ogni singola transazione. Il quadro è cambiato quando, dopo l’intervento degli investigatori, gli istituti bancari interessanti si sono accorti del volume complessivo delle perdite.
Il giro degli assegni rubati fruttava 50mila euro alla settimana: sgominata associazione a delinquere. In totale il nucleo investigativo, al comando del Maggiore Pisapia, avrebbe sequestrato 270mila euro di assegni. E’ stato assodato che i “cambiatori” che si prestavano ad aprire conti correnti ad hoc dove ritirare gli assegni forniti dall’associazione erano persone in difficoltà economica che da ogni assegno ottenenevano una contropartita del 15%. I tre arresti, coloro che avrebbero avuto un ruolo preminente, sono stati eseguiti uno a Napoli (colui che teneva rapporti tra l’organizzazione partenopea e le referenze di zona), uno a Ravenna (il referente di Lugo) e una donna a Forlì (che si interfacciava con l’intermediario quando mancava il soggetto di Lugo per ricevere gli assegni da Napoli). Si sta lavorando per cercare i capi dell’organizzazione.
Articolo pubblicato il giorno 14 Giugno 2018 - 17:29