Assolto per non aver commesso il fatto. Così per Sergio Avigliano, accusato dell’omicidio di Maria Ricco, finisce in una clamorosa sentenza un incubo durato sei anni circa. Era il luglio del 2012 quando la cinquantatreenne di Santa Tecla di Montecorvino fu trovata carbonizzata all’interno della sua autovettura parcheggiata in una zona appartata di Faiano. Della sua morte fu accusato Avigliano che all’epoca era l’amante della vittima ma il suo legale ha dibattuto fino al’ultimo minuto utile per dimostrare l’innocenza dell’uomo ed evitargli ventisei anni di reclusione, quanti ne aveva chiesto il pm Roberto Penna (precisamente, ventuno per omicidio preterintenzionale, due per occultamento di cadavere e tre per distruzione di cadavere). Bisognerà ora attendere novanta giorni per leggere le motivazioni dei giudici della Corte d’Assise.
La sua innocenza l’aveva dichiarata il mese scorso quando, durante una delle ultime udienze, aveva deciso di deporre lanciando velate accuse contro il marito della donna: “Non ho ucciso io Maria, aveva litigato con il marito”. Secondo Avigliano, l’uomo era venuto a conoscenza della loro relazione. “Il giorno prima di sparire Maria mi telefonò raccontò mi disse che il marito aveva scoperto di una relazione extraconiugale e le aveva detto di andare via di casa, altrimenti avrebbe rivelato tutto ai figli. Mi disse anche che era uscito con un coltello dicendo che avrebbe ucciso il suo amante, ma non sono sicuro che avesse capito chi fosse”. Lui, il giorno della morte della donna, non era neanche uscito di casa, come poi confermato in aula anche dal figlio.
Il marito della Ricco, secondo la ricostruzione della procura, sarebbe partito per Milano con il camion. Secondo i tabulati presentati in aula dall’avvocato Vietri, invece, alla presunta ora della morte di Maria il cellulare del marito avrebbe invece agganciato la cella tra Battipaglia e Pontecagnano.
Articolo pubblicato il giorno 15 Maggio 2018 - 08:42