Scafati. “Monica Paolino del tutto inesperta di politica e manovrata nelle scelte e nel suo operato politico dal marito” ad avvallare questo assunto già acquisito comunemente è arrivata la Corte di Cassazione che lega le vicende giudiziarie di Angelo Pasqualino Aliberti, con particolare riferimento alla custodia cautelare in carcere per l’ex sindaco di Scafati accusato di scambio di voto politico-mafioso, all’attività della moglie ancora in carica come consigliere regionale di Forza Italia e beneficiaria – secondo l’accusa – dei voti del clan nel 2015. L’arresto di Aliberti è dovuto – secondo quanto scritto nelle motivazioni della Corte di Cassazione (presidente Matilde Cammino, relatore Luciano Imperiali, Pg Antonietta Picardi) del 23 gennaio scorso che ha avallato la decisione del Tribunale del riesame – proprio alla possibilità che questi, anche attraverso la moglie, possa ancora avere ingerenze nelle vicende politico-istituzionali dello scafatese e onorare così i patti elettorali stretti con i clan, in particolare, quello che fa capo a Gennaro e Luigi Ridosso. Trancianti le motivazioni degli ermellini che hanno depositato i motivi della decisione presa il 23 gennaio scorso e che ha sancito l’arresto in carcere per Angelo Pasqualino Aliberti – ora ai domiciliari a Roccaraso – e di Luigi Ridosso e i domiciliari per Gennaro Ridosso (detenuto in carcere per una precedente ordinanza). Secondo i giudici della Cassazione, dagli atti emerge l’influenza fondamentale di Aliberti sugli esiti elettorali che hanno portato Monica Paolino a rivestire il ruolo di consigliere regionale, anche attraverso i patti stretti con i clan e le riunioni elettorali a casa della zia di Gennaro e Luigi Ridosso, quest’ultimo figlio di Salvatore Ridosso ucciso in un agguato di camorra.
Ed inoltre, pur senza rivestire alcuna carica, l’ex sindaco potrebbe “continuare ad interagire in affari con la criminalità organizzata al fine di ottenere sostegno elettorale quantomeno per la moglie, o in favore di terze persone a lui legate, e che potrebbe altresì attivarsi per onorare, anche nel tempo, gli impegni già assunti con i clan con i quali è gravemente indiziato di aver stretto patti di scambio elettorale”. La corte di Cassazione si è espressa anche sulla questione relativa alla concessione degli arresti domiciliari per Aliberti sollevata dalla difesa e che il Riesame aveva escluso, come misura alternativa al carcere, seppure con il braccialetto elettronico. Secondo i giudici “da casa Aliberti potrebbe continuare ad influenzare le scelte politiche della Paolino quando necessario per ottenere l’appoggio dei clan, oppure per onorare i patti stipulati con questi, nelle precedenti tornate elettorali, eventualmente anche utilizzando a tale scopo il proprio profilo Facebook o quello della moglie Paolino Monica, oppure le diverse persone di fiducia, quale l’ex staffista Cozzolino (altro coimputato)”. Infatti, sostengono gli ermellini il braccialetto elettronico è uno strumento di controllo dei movimenti del detenuto e non ‘delle sue comunicazioni’. E proprio attraverso queste comunicazioni veicolate anche dalla propria abitazione (attraverso la moglie, persone di fiducia e social )- qualora avesse avuto gli arresti domiciliari – avrebbe potuto continuare a vigilare sulle vicende politico-istituzionali della sua città, il cui consiglio comunale è stato sciolto per infiltrazioni mafiose. I giudici della Corte di Cassazione che si sono espressi a favore del carcere per l’ex sindaco, avevano visto ‘lungo’ secondo quanto emerso negli ultimi mesi dalle indagini della sezione di Salerno della Dia che in alcune informative – supportate da intercettazioni ambientali – ha più volte relazionato alla Procura antimafia rispetto ai contatti che Angelo Pasqualino Aliberti ha continuato a tenere con coimputati e persone estranee al suo nucleo familiare, nonostante il divieto imposto dal Gip Giovanna Pacifico che gli aveva concesso gli arresti domiciliari, anche da Roccaraso.
Nelle motivazioni della Cassazione che ha rigettato i ricorsi degli avvocati difensori di Aliberti (Agostino De Caro) di Gennaro Ridosso (Dario Vannetiello) e di Luigi Ridosso (Michele Sarno e Claudio D’Avino) anche i legami che gli esponenti del clan Loreto-Ridosso hanno ancora in città. “Il sodalizio criminoso di riferimento risulta ancora operativo – scrivono gli ermellini – e, contrariamente all’indimostrato assunto dei ricorrenti secondo cui l’associazione si sarebbe sfaldata a seguito di arresti e collaborazioni di soggetti in posizioni apicali, le ordinanze emesse in altri procedimenti si riferiscono a condotte estorsive attribuite al sodalizio anche di recente, e comunque successivamente ai fatti per cui si procede, ed altresì alla possibilità per i Ridosso di contare su un numero di collaboratori pronti ad assecondare le loro richieste (né tale argomento può ritenersi validamente contrastato dal rilievo difensivo secondo cui non sarebbe stata riconosciuta da alcun provvedimento giudiziario, ad esempio, la partecipazione di Ridosso Andrea al sodalizio criminoso), come i soggetti pronti ad intestarsi fittiziamente le ditte del clan.
Altra vicenda sulla quale i giudici della Corte di Cassazione hanno puntato l’attenzione sono le frequentazioni di Angelo Pasqualino Aliberti nel corso delle indagini e nel periodo antecedente le elezioni regionali nelle quali era candidata Monica Paolino, così come evidenziato dal Tribunale del Riesame che aveva accolto la richiesta della Procura antimafia e del pm Vincenzo Montemurro di arresto per i tre indagati. “Il Tribunale del riesame, infatti, ha evidenziato come altri provvedimenti abbiano dato conto dei rapporti dell’Aliberti – scrivono i giudici della Corte di Cassazione – anche con altre cosche malavitose di particolare pericolosità sociale, in particolare con la famiglia Sorrentino e la famiglia Matrone, nonché di incontri segreti, a ridosso delle elezioni regionali nelle quali era candidata la Paolino, avuti dal ricorrente (Aliberti, ndr) con Maurelli Raffaele e Maurelli Giuseppe, soggetti rinvenuti nella disponibilità di 700 kg di cocaina e raggiunti da ordinanze di custodia cautelare per traffico internazionale di stupefacenti, e di come la segretezza di tali incontri, contestata nel ricorso, risulti invece confermata dal fatto che un incontro in una villa privata sia stato preceduto da altro per strada dove l’Aliberti era giunto con un’auto presa a noleggio”. Proprio la segretezza dell’incontro con i fratelli Maurelli era stata contestata dalla difesa, ma per i giudici anche questo elemento insieme agli altri evidenziano la personalità di Aliberti e il contesto nel quale ha operato nel corso della sua attività politica. Il ricorso di Aliberti e la tesi sostenuta dalla difesa di aver agito contro gli interessi dei clan e della criminalità organizzata sarebbe, per i giudici del Riesame prima e per la Cassazione poi, smentita dai fatti.
Rosaria Federico
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