Nel quadro delle iniziative del Maggio dei Monumenti l’Assessore Nino DANIELE questa Domenica ha presenziato a Napoli, nella casina Pompeiana della Villa Comunale, alla presentazione di due esemplari di Cavallo Napolitano. L’incontro ha visto l’intervento introduttivo di DANIELE e poi l’allevatore Giuseppe MARESCA parlare dell’impegno profuso per salvare e riproporre la razza del “Napolitano” alla attenzione del mondo equestre nazionale e internazionale. L’attore Domenico ORSINI ha declamato alcuni passi di “La Favola del cavallo” che sua zia, la scrittrice Maria ORSINI NATALE, dedicò al Cavallo Napolitano.
Gli altri relatori l’Avv. Francesco Bocchini, l’Arch. F.L.I. Federico e il dr Alessandro Manna hanno completato l’interessante incontro, moderato da Rosaria De Cicco. E’ stata così illustrata l’importanza per il cavallo Napolitano dell’ottenimento del Registro Ufficiale di Razza equina, riconosciuta dal Ministero per le Politiche agricole, per la Regione Campania, insieme a quelle del Cavallo Persano e del Cavallo Salernitano. Tre razze che costituiscono un vanto per il patrimonio ippico italiano, il quale avrebbe corso il serio rischio di “perderne” la titolarietà ufficiale, rappresentata dal Registro, se non ci fossero stati tre allevatori coraggiosi e testardi. La fortuna volle che uno zootecnico e genetista di fama internazionale, il prof Donato MATASSINO di Portici, anch’egli presente all’incontro di oggi, si ponesse al fianco dei tre appassionati allevatori, guidandoli nella ricerca genetica che ha formalizzato le caratteristiche delle tre razze distinte. Ci piace citarli: per il cavallo Persano Arduino VENTIMIGLIA, per il cavallo Salernitano Cecilia BARATTA BELLELI e per quello napolitano appunto Giuseppe MARESCA. Ad essi i cittadini Campani devono il recupero delle tre razze equine e dei valori meridionali, non solo zootecnici, che esse portano con sé. Tutte e tre le razze erano state dichiarate estinte o disperse, finanche nella memoria degli addetti ai lavori. Ma basti ricordare che la stagione olimpica d’oro della Ippica Italiana, svoltasi circa cinquanta anni fa ormai, ha visto protagonisti splendidi esemplari delle due razze del Persano e del Salernitano. In particolare la razza del Persano, vanto della cavalleria borbonica, era stata dichiarata estinta e dispersa ai principi del Novecento dalla burocrazia savoiarda, che intese così liberarsi di presenze scomode provenienti dal patrimonio zootecnico meridionale. Il Cavallo Napolitano invece non era più ritenuto un “rischio” dai Savoia in quanto già i Borbone delle due Sicilie non lo avevano più utilizzato per la guerra.Ma, mentre nelle altre nazioni europee l’Alta Scuola Equestre si radicò nei maneggi costruiti sul modello degli antichi maneggi Napoletani e secondo i dettami dei famosi e ricercati “cavallerizzi” Napoletani, in Italia l’Alta Scuola – senza Cavalli Napolitani – si avviò a un inarrestabile tramonto.
L’incontro si è chiuso con la illustrazione del maneggio aragonese, ignorato anche dalla Storiografia “napolitana” più accreditata, che affermava compatta che esso era stato totalmente rifatto nel Settecento borbonico e destinato a Quartiere di Cavalleria, poi detto, in epoca contemporanea, Caserma Bianchini.
La “costruzione” del quartiere di Cavalleria era stata ordinata da Don Carlos di Borbone a Luigi VANVITELLI che, da grande architetto, sotto la accorta gestione del futuro CARLO III di Spagna, ne riorganizzò le preesistenti volumetrie nel sito della Maddalena. E il maneggio rinascimentale aragonese, il più antico del mondo, nato dalla Real cavallerizza, fu inglobato nelle forme nuove degli stilemi neoclassici vanvitelliani, come uno scrigno prezioso. Riaprire questo scrigno è l’obiettivo che si deve porre la nuova Napoli, nell’interesse della Campania e di tutto il Mezzogiorno. Questo è il messaggio che scaturisce dal Maggio dei Monumenti del 2018.
Federico L. I. Federico
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