I killer di Filippo Sabatino hanno lasciato una firma: i pallettoni con i quali lo hanno ucciso. Per gli investigatori non ci sono dubbi che l’agguato sia nato, maturato, deciso ed eseguito a Pimonte e dai pimontesi. Chi conosce bene le dinamiche criminali e la storia della camorra dei Monti Lattari sa benissimo che nessuno può addentrarsi in questi territori per compiere azioni criminali senza il permesso dei locali. E poi il fatto che si stato utilizzato un fucile per fare fuoco è solo l’ulteriore conferma. Solo la camorra dei Monti Lattari da quando è nata come gruppo aggregato, tra il finire degli anni Ottanta e inizia anni Novanta, al defunto boss Umberto Mario Imparato ha sempre utilizzato i fucili per compiere le proprie missioni di morte. Ed è stato così anche nel caso di Filippo Sabatino. Ora gli investigatori, che hanno un quadro già chiaro di cosa è accaduto e perché, sono in cerca di prove, riscontri e conferme. La leggenda metropolitana secondo la quale dietro l’agguato dell’altra notte potrebbe esserci la firma dei D’Alessandro, che con l’uscita del boss Gigginiello D’Alessandro vorrebbe riappropriarsi del mercato della marjiuana di tutta la zona, lascia il tempo che trova. Si tratta solo di un’invenzione di qualche sprovveduto della storia criminale della zona. Non ci sono neanche riscontri alle voci secondo le quali nel furgone insieme con la vittima ci fosse anche il ras Francesco Di Martino detto ciccio e’ corona ( il suo vero alias da pimontese ndr), cugino del boss Leonardo o’ Lione. Perché se così fosse i killer hanno sbagliato due volte: uccidendo il suo fedele autista e lasciando in vita Ciccio Di Martino. Gli investigatori invece propendono per la pista della frattura con la fazione di Raffaele Afeltra o’ borraccione. E da cosa sarebbe stata determinata? In primo luogo una serie di attentati e richieste estorsive messe in atto negli ultimi tempi da quelli del gruppo di Ciccio Di Martino, compreso Filippo Sabatino che hanno creato molto malumore nei comuni dei lattari visto che il gruppo si sarebbe ‘allungato’ fin su Agerola dove opera invece la famiglia Gentile cognati del boss Afeltra “Borraccione”. E l’omicidio di Sansone sarebbe il segnale per il ras Di Martino, che nonostante abbia sempre goduto della stima e del rispetto di quelli che sono più giovani di lui, perchè ora “le sono sono cambiate”. E quindi ognuno al suo posto senza sconfinare o fare cose senza le “dovute autorizzazioni”. La scelta della vittima non è casuale. Sabatino abitava a Gragnano in via Raffaelli nei pressi della chiesa di san Luigi ma si era trasferito da alcuni anni in pianta stabile a Pimonte. Era quella la sua zona. Il 33enne aveva diversi precedenti per lesioni personali ed anche una condanna per tentato omicidio: nel 2010 accoltellò Violanto Petrucci, uno dei rapinatori (condannati all’ergastolo) che nel 2011 uccisero a colpi di pistola il giovane veterinario Carlo Cannavacciuolo, che si oppose ad un tentativo di rapina a Santa Maria La Carità.
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