Si svolgerà domani, 3 maggio, alle ore 11, presso la Sala Conferenze del carcere di Secondigliano la conferenza stampa di presentazione dell’evento “Noi di Secondigliano”, seconda edizione del Fair Play E-Vent Cup “Giochiamo il futuro calciando il passato”, ideato da Franca Lovisetto della E-Vent e Piermassimo Caiazzo, promosso dall’associazione O.C.C.T., in collaborazione con Centro penitenziario di Secondigliano, Istituto comprensivo Giovanni Pascoli II-Marta Russo Plesso Carbonelli, parrocchia dei Sacri Cuori e Centro sportivo Andrea Capasso, col patrocinio della VII Municipalità. Alla conferenza moderata da Celeste Napolitano interverranno: il direttore del carcere di Secondigliano Giulia Russo, il comandante capo del reparto polizia penitenziaria Antimo Cicala, il capo dell’area trattamentale Orlando Olmo, don Giovanni Russo, cappellano del carcere di Secondigliano, don Vincenzo D’Antico, parroco dei Santi Cosma e Damiano, don Fabio Manca, cappellano della polizia di Stato della questura di Napoli, Franca Lovisetto, organizzatrice dell’evento con il sovrintendente della polizia di Stato Piermassimo Caiazzo, il presidente della VII Municipalità Maurizio Moschetti, l’assistente capo della polizia di Stato Annamaria Spiezia, il sostituto commissario della polizia di Stato presso la Procura di Napoli Concetta Furiano, il dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo Giovanni Pascoli II-Marta Russo-Plesso Carbonelli Rosalba Matrone. Scopo primario dell’iniziativa è quello di favorire iniziative con gli studenti delle scuole del quartiere (quarte e quinte delle elementari e medie inferiori) per prevenire e contrastare il fenomeno del bullismo e delle devianze minorili. Il progetto si avvale in particolare della mediazione dello sport come elemento di raccordo tra i minori del territorio, spesso preda di falsi miti, e i detenuti che metteranno a disposizione le loro esperienze per insegnare ai ragazzi che la vita, come una partita di calcio, va giocata con impegno e serietà nel rispetto delle regole e dell’altro. I carcerati metteranno così a disposizione le loro storie come un “indicatore sociale” che descrive un pericolo da evitare e in cui si potrebbe incorrere pagando gravi conseguenze.
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