Dalle prime ore di questa mattina, il Nucleo di polizia economico-finanziaria di Napoli ha dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari, Dott.ssa Luisa Toscano, nei confronti di 18 soggetti, 14 italiani e 4 stranieri, destinati agli arresti domiciliari in quanto ritenuti responsabili di reati associativi finalizzati alla produzione e commercializzazione di prodotti contraffatti. Le attività di indagine, coordinate dal Dott. Maurizio Giordano della locale Procura della Repubblica – D.D.A., hanno permesso di raccogliere gravi indizi di reità con riguardo a cinque distinte organizzazioni criminali, ognuna delle quali strutturata secondo una definizione di ruoli e incarichi puntualmente determinati e in grado di curare distinte fette del “mercato del falso” partenopeo, contando su canali di approvvigionamento anche stranieri (Bulgaria e Turchia) e su una fitta rete distributiva dislocata in maniera capillare su tutto il territorio nazionale (nelle province di Napoli, Livorno, Torino, Milano, Genova e Massa Carrara). Le investigazioni, durate più di un anno, sono state riscontrate da numerosi interventi repressivi che hanno consentito di sequestrare oltre 820 mila pezzi di prodotti contraffatti e di portare alla scoperta di ben 10 opifici abusivi, comprensivi di macchinari, e 6 depositi di stoccaggio, allestiti nella città e nella provincia di Napoli. Il principale sodalizio portato alla luce – sulla base del quadro indiziario allo stato formatosi – faceva capo alle figure chiave di GUARRACINO Gennaro e PALMA Vincenzo ed era
specializzato, con standard tipicamente aziendali, nella produzione e commercializzazione di scarpe e borse con segni distintivi contraffatti. Nella struttura di questa compagine delittuosa, il GUARRACINO si occupava prevalentemente di ricettare e canalizzare nei canali di vendita calzature contraffatte (prevalentemente “Hogan”), contando su una rete di distribuzione di affiliati magrebini e senegalesi che, da tutta Italia, commissionavano acquisti
pagati tramite ricariche a postepay intestate a soggetti compiacenti o inesistenti. PALMA era, invece, il trait-d’union con i principali referenti della “filiera produttiva”, attraverso linee di fornitura costituite da opifici preposti alla realizzazione di articoli contraffatti. I pellami e i tessuti serigrafati di illecita riproduzione venivano acquistati dalla Turchia, grazie al ruolo strategico di un soggetto pugliese e di suoi referenti commerciali, raggiungendo l’Italia
attraverso transiti su gomma che passavano dalla Bulgaria, da cui le materie prime viaggiavano su rimorchi stranieri di autotrasportatori compiacenti.
Una seconda struttura, organizzata su fase familiare, era specializzata nella produzione di borse contraffatte di primissima qualità, secondo i disegni di Prada, Chanel, Hermes e Dior. Questi, contando sull’esperienza e la professionalità della propria attività artigianale “ufficiale”, erano in grado di fornire – su richiesta del “cliente” – il servizio “aggiuntivo” di applicazione di cartellini, etichette e accessori metallici per trasformare i loro ottimi “prodotti neutri” (inizialmente privi brand) in puntuali contraffazioni. Alle due citate consorterie, si affiancavano – sempre sulla scorta della cornice indiziaria attualmente formatasi – ulteriori strutture, meno ramificate ma parimenti inserite a pieno titolo nel locale mercato “nero” e “parallelo” della contraffazione. Si tratta, in primis, di un gruppo “magrebino”, capeggiato da soggetti di origine marocchina (TAHIRI Mustapha, ASSILA Bouchaib, MOUADAL Said e Youssef) sistematicamente ed esclusivamente impegnati nella produzione, ricettazione e rivendita di rilevanti quantitativi di calzature, capi di abbigliamento sportivo e occhiali da sole recanti marchi di fabbrica contraffatti. Radicati nella zona di Somma Vesuviana, gli stranieri avevano la loro base operativa su Napoli, nelle zone a ridosso della stazione centrale (Piazza Garibaldi e via Maddalena) e tessevano stretti rapporti di “collaborazione” con le aziende cinesi di Gianturco, via Imparato e via Argine, importatrici di capi neutri in quantità industriale, che, mediante applicazione di serigrafie e punzonature con segni distintivi mendaci, venivano resi identici agli originali e immessi sul “mercato”.
Ulteriori figure di riferimento per l’approvvigionamento delle merci, erano, in questo contesto, un altro soggetto operante stabilmente da Malta – che vantava basi logistiche nella zona vesuviana per lo smercio di “Hogan” contraffatte – e PEPE Antonio, di Quarto, esperto nell’assistenza, manutenzione e riparazione dei macchinari utilizzati per la produzione di cliché e punzoni contraffatti nonché affermato fornitore di accessori per la finitura della falsificazione.
Ed è stata proprio la comune referenza del PEPE a portare i militari della Guardia di Finanza all’individuazione di un’autonoma, ulteriore struttura a delinquere, dedita al settore dei profumi, facente capo a PISCOPO Giovanni, di Melito di Napoli. Quest’ultimo, con la collaborazione di suoi uomini di fiducia, acquistava “falsi d’autore” presso importatori cinesi e li trasformava, attraverso sapiente attività di cura e adattamento delle confezioni, in
fragranze contraffatte di tutto punto. Un’ultima organizzazione era, infine, quella espressa da COLAIACOLO Ciro, di Casalnuovo di Napoli, il quale, approvvigionandosi di accessori metallici ricettati dal citato MOUADAL Youssef, produceva – facendo ricorso a laboratori abusivi o casalinghi – importanti quantità di jeans e pantaloni falsi, messi in vendita attraverso uno strutturato canale di diffusione locale. A margine dei provvedimenti cautelari personali disposti dal GIP, sono stati emessi ulteriori 57 avvisi di conclusione delle indagini nei confronti della consistente platea di sodali, favoreggiatori e referenti del “falso” compiacenti che, con il loro apporto funzionale, organizzativo e logistico, hanno giocato ruoli consistenti nella ramificazione delle strutture criminali investigate.
Articolo pubblicato il giorno 29 Maggio 2018 - 12:56