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Diciassettenne sgozzato, l’assassino in aula: ‘Chiedo scusa, ma non l’ho ucciso io’

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“Chiedo scusa a tutti, ho sbagliato e voglio pagare per quello che ho fatto ma non ho ucciso Ismaele”. Sono dichiarazioni spontanee rese in aula da Igli Meta, giovane albanese condannato in primo grado all’ergastolo per l’omicidio del 17enne Ismaele Lulli di Sant’Angelo in Vado in provincia di Pesaro e Urbino, al processo d’appello ad Ancona: e’ accusato di essere l’autore materiale del delitto commesso il 19 luglio 2015 in concorso con il connazionale Marjo Mema (28 anni e quattro mesi in primo grado). Meta ha confermato di aver sferrato “due coltellate” a Lulli dopo aver attirato in un tranello il 17enne colpevole, a suo dire, di aver avuto una relazione con la sua fidanzata. “Io non ho sgozzato Ismaele”, ha pero’ affermato in aula raccontando che sarebbe stato Mema a indossare i guanti che aveva in auto e a infliggere il fendente letale alla gola di Lulli, dopo averlo accusato di essere un “infame”, anche per rancori maturati tra i due in precedenza. Il coltello ricevuto da un amico qualche giorno prima? Meta sostiene di averlo chiesto per tagliare i panetti di hascisc che spacciava perche’ l’aveva perso. La sentenza potrebbe arrivare in serata. Infliggere l’ergastolo a entrambi gli imputati – Igli Meta e Marjo Mema, di origine albanese – accusati di concorso nell’omicidio di Ismaele Lulli, 17enne di Sant’Angelo in Vado sgozzato il 19 luglio 2015 per motivi di gelosia. A chiederlo, a margine dell’udienza in Corte d’appello di Ancona ancora in corso, e’ la madre della vittima, Debora. In primo grado l’ergastolo era stato applicato solo a Meta ritenuto l’esecutore materiale del delitto, mentre a Mema erano stati inflitti 28 anni e quattro mesi di reclusione. “Chiedo giustizia che e’ il minimo che si puo’ avere – dice la madre di Ismaele -, che sia dato l’ergastolo a tutti e due gli imputati. Ismaele non c’e’ piu’ e nessun potra’ restituirmelo pero’ vorrei giustizia. Io non vivo piu’ ma almeno potro’ dirmi di aver fatto il possibile”. Meta, che attribuisce al complice la responsabilita’ di aver sferrato il fendente letale, era furioso con Ismaele dopo aver saputo che la fidanzata l’aveva tradito con il 17enne attirato in una trappola nei pressi di una chiesa abbandonata abbandonata a San Martino in Selva di Sant’Angelo in Vado, legato a una croce e poi sgozzato. La sentenza dovrebbe arrivare in serata.


Articolo pubblicato il giorno 30 Maggio 2018 - 16:19
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