Scafati. Estorsioni, usura, riciclaggio, intestazione fittizia di beni: diciassette condanne per gli esponenti del clan Loreto-Ridosso e Cesarano di Pompei-Castellammare, 8 le assoluzioni tra le quali anche quella del boss Franchino Matrone, alias ‘a belva e dei ras di Acerra Di Fiore. I venticinque imputati sono stati giudicati con rito abbreviato dinanzi al Gup Maria Zambrano del Tribunale di Salerno, nell’ambito dell’inchiesta sui clan operanti tra Scafati, Pompei e Castellammare di Stabia che aveva portato in carcere numerosi esponenti dei due clan.
Condannati i reggenti del clan Loreto-Ridosso e in particolare il giudice ha inflitto 7anni e 10 mesi di reclusione a Luigi Ridosso; 7 anni e 4 mesi a Gennaro Ridosso; 6 anni e 10 mesi a Salvatore Ridosso; 4 anni e 4 mesi a Romolo Ridosso (collaboratore di giustizia); 4 anni e 2 mesi di reclusione ad Alfonso Loreto anch’egli pentito e 6 anni e 8 mesi al padre Pasquale Loreto. Condanna anche a 4 anni e 6 mesi per Antonio Matrone, detto Michele, figlio del boss Francesco Matrone; 3 anni e due mesi a Vincenzo Pisacane; un anno e due mesi di reclusione a Giuseppina Casciello. Conannato a 4 anni e 4 mesi Roberto Cenatiempo, ritenuto il factotum e il prestanome dei Loreto-Ridosso nella gestione delle imprese che lavoravano nell’ambito delle pulizie. Mano pesante del giudice anche per gli uomini del clan Cesarano di Ponte Persica, accusati di numerose estorsioni ai danni di commercianti tra le quali quella ai titolari della Sala Bingo di Pompei: 5 anni e 10 mesi sono stati comminati a Giovanni Cesarano; 2 anni e 6 mesi a Francesco Paolo D’Aniello; 6 anni e 4 mesi a Fiorentino Di Maio; 9 anni e 6 mesi a Luigi Di Martino, ‘o profeta; un anno e due mesi a Vincenzo Giovanni Immediato; un anno a Mario Sabatino; un anno e 10 mesi ad Andrea Spinelli.
Otto le assoluzioni alcune delle quali eccellenti come quella di Francesco Matrone, alias Franchino a belva, Giuseppe Di Iorio, Mario Di Fiore, Pasquale Di Fiore (i boss di Acerra), Giovanni Messina, Giuseppe Morello di Torre Annunziata, Francesco Nocera e Vincenzo Pisacane.
La sentenza completa l’udienza preliminare iniziata alcuni mesi fa, che ha portato al rinvio a giudizio di una parte degli imputati, alcuni prestanome dei Loreto-Ridosso nelle attività apparentemente ‘pulite’. Numerose le accuse, valutate dal giudice per le udienze preliminari Maria Zambrano: associazione per delinquere, usura, estorsione, intestazione fittizia di beni furono scoperte grazie alle indagini dei carabinieri e della Dia, coordinate dal pm della Dda Giancarlo Russo. L’indagine si è arricchita delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia tra i quali Alfonso Loreto, Romolo Ridosso e successivamente anche quelle di Andrea Spinelli.
Tra le estorsioni messe a segno dal clan quelle alla Sala Bingo di Scafati e al Re Bingo di Pompei gestito dai fratelli Moxedano. Tra gli episodi emersi nel corso delle indagini le estorsioni a numerosi industriali conservieri imposte dai nuovi rampolli del clan Loreto-Ridosso con la supervisione di Pasquale Loreto, il pentito che dalla località protetta gestiva gli affari insieme al figlio Alfonso nella sua terra di origine. Pasquale Loreto, protagonista della camorra degli anni ’90, anche da pentito riusciva ad incutere timore alle sue vittime, tanto che in alcune occasioni aveva fatto prelevare e minacciare dai suoi accoliti alcuni industriali per imporre loro di pagare il pizzo.
Articolo pubblicato il giorno 4 Maggio 2018 - 09:29