“Mai piu’ altri Sibillo, bisogna impedire ai clan di divorare una generazione”. Lo dice a Repubblica, il presidente dell’Anac, Raffaele Cantone, intervenendo sulla vicenda di Emanuele Sibillo, il capo della paranza dei bambini diventato boss a 17 anni e assassinato a 19 anni. “Quanto ci siamo preoccupati del fatto che in interi quartieri della citta’ e della provincia c’erano un numero altissimo di persone detenute, un tasso altissimo di disoccupazione, un livello altissimo di abbandoni scolastici – si interroga Cantone -? In questi quartieri pero’ nessuno si lamentava di fare la fame: il segno che li’ stava funzionando il welfare criminale, che aveva inserito i ragazzini nel suo sistema. Tutti conoscono le storie dei bambini ingaggiati come vedette dai clan, guadagnando in una settimana 500 euro, molto di piu’ della paga di un impiegato pubblico. Eppure l’unico approccio e’ stato quello di intervenire con la repressione penale: arresti e processi. Niente altro”. “Sibillo – spiega Cantone – in qualche modo e’ la prova: molti di questi ragazzi potevano venire recuperati se fossero stati concretamente seguiti. Lo dimostra l’attivita’ di don Antonio alla Sanita’, che ha salvato tanti giovani con le cooperative e con le scuole di musica. C’e’ una generazione su cui non si e’ provato a investire. Perche’ quando gli interventi ci sono stati, pochi e su base volontaria, i risultati sono sempre stati positivi”.
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