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Si è conclusa un’operazione dei Carabinieri del Comando Provinciale di Padova che ha portato all’arresto di quattro italiani ritenuti sodali in un’associazione a delinquere dedita a commettere truffe in danno, perlopiù, di anziani sacerdoti, e comunque di persone anziane. Dal 2016 a oggi, la banda ha messo a segno almeno 15 colpi, riuscendo a impossessarsi di oltre 152.000 euro. Nei loro confronti il Gip del Tribunale di Monza, accogliendo il quadro accusatorio proposto dal pm, frutto della condivisione delle risultanze investigative fornite dai Carabinieri della Stazione di Padova-Prato della Valle, ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Secondo quanto emerso dalle indagini, i quattro avevano allestito degli studi legali virtuali, creando tramite provider specializzati e-mail e numeri telefonici, apparentemente plausibili e, spacciandosi appunto per avvocati, contattavano le vittime per telefono avvisandoli che erano venuti a conoscenza di un loro contenzioso pendente presso il Tribunale di Milano, per controversie relative al mancato pagamento di abbonamenti di prodotti editoriali. Di fatto promettevano che con la loro intermediazione il fantomatico debito maturato, sempre prospettato in una cifra non inferiore ai 150.000 euro, poteva essere estinto con una cifra molto più bassa che di solito oscillava tra i 10.000 e i 30.000 euro. Le vittime venivano scelte in maniera scientifica: i quattro redigevano veri e propri elenchi di potenziali obiettivi e procedevano in maniera sistematica. Le prede più ambite sono risultate essere proprio gli anziani prelati, tanto è che dei 15 casi accertati ben 13 sono sacerdoti molto anziani. Le vittime risiedevano tutte in province del nord Italia: Padova, Rovigo, Treviso, Gorizia, Udine, Trento, Brescia.
Le indagini sono partite a settembre del 2016 dalla denuncia raccolta dai Carabinieri della Stazione di Padova-Prato della Valle da un anziano sacerdote di 80 anni, circuito per oltre 10.000 euro. Dagli accertamenti è emersa la sfrontatezza dei quattro componenti della banda, che neanche dopo aver subito una perquisizione a marzo 2017, in cui vennero sequestrate carte di credito, personal computer e documentazione varia che ha poi corroborato l’odierno quadro indiziario, hanno smesso di delinquere. Gli arresti sono stati portati nelle carceri di Monza e Milano.
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