Figura anche Angelo Nasto, 26 anni, centrocampista e capitano della Sarnese, squadra che milita nel girone H della serie D di calcio, tra le persone arrestate stamattina dalla Polizia a Torre Annunziata nell’ambito di un blitz per la droga”pescata” a palazzo Fienga, storica roccaforte del clan Gionta. Nasto, figlio di Alfonso detto o’ cinese affiliato storico del clan Gionta, era già’ finito nella rete delle forze dell’ordine lo scorso 17 febbraio quando fu fermato dai carabinieri a Torre del Greco mentre cedeva una dose di crack a un cliente. Il giovane, al suo terzo arresto, negli ultimi tempi. Fu giudicato con rito direttissimo e il giudice Federica De Maio, del Tribunale di Torre Annunziata aveva stabilito per lui il divieto di dimora a Torre del Greco e rientro obbligato a casa entro le 20. Poteva quindi continuare ad allenarsi e anche giocare ma per le trasferte ha avuto bisogno di permessi e visto che è al suo terzo arresto. Angelo Nasto è una promessa mancata del calcio campano, cresciuto calcisticamente nel Savoia, la squadra della sua città, a 18 anni faceva già parte della rappresentativa campana. E’ alla sua quarta stagione a Sarno dove è il leader della squadra. I carabinieri lo seguivano da tempo. Spacciava su appuntamento. riceveva la richiesta sul telefonino e si recava personalmente sul posto a consegnare la dose al cliente. Ciononostante ha continuato ad allenarsi e a giocare. Stamattina pero’ gli e’ stato notificato un ordine di arresto dagli agenti del locale commissariato.
Una canna da pesca per prelevare le confezioni con le dosi ben nascoste sul tetto di un edificio diroccato e abbandonato. E’ l’originale sistema impiegato dal gruppo individuato da una indagine del commissariato di Torre Annunziata diretto da Vincenzo Gioia che ha portato all’esecuzione di 5 arresti e alla notifica di due misure di obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Il ‘deposito’ di eroina, cocaina e cannabis era al civico 117 nel cosiddetto ‘quadrilatero delle carceri’ oplontino, luogo di degrado e spaccio da tempo, roccaforte del clan Gionta, famiglia fino a poco fa residente a palazzo Fienga, ora murato e in via di acquisizione allo Stato; difficile credere che questa fiorente piazza di spaccio non abbia operato con il consenso della camorra, magari con legame diretto o pagando la cosca per poter mantenere l’operativita’. Il gruppo, a secondo delle esigenze, ‘pescava’ lo stupefacente custodito sul tetto grazie a una canna modificata e dotata di un amo speciale, una pallottola di nastro da imballaggio con la parte adesiva posizionata all’esterno; la pallottola-amo cosi’ aderiva alle buste di plastica che contenevano dosi gia’ pronte in ovetti di plastica simili a quelli commercializzati dalla Ferrero, consentendo allo spacciatore il recupero della sostanza da vendere. La vendita avveniva a domicilio prevalentemente con ordini che arrivavano via sms in linguaggio in codice. La clientela era di varia estrazione sociale ed eta’, ma al momento non risultano minorenni.
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