Una prova intensa, ordinata, incisiva. Decisamente convincente il Palermo.
Forse punto nell’orgoglio dalle critiche, legittime e trasversali, forse conscio che la sfida contro l’Avellino costituiva davvero l’ultimo vagone del convoglio che conduce direttamente in serie A. La squadra di Tedino non ha fallito l’appuntamento della vittoria, salvando la panchina del suo tecnico e rimarcandone gli errori in termini di scelta degli interpreti, costati diversi punti nelle scorse settimane. L’Avellino visto oggi al “Barbera” non era avversario irresistibile, specie per quanto concerne meccanismi e tenuta difensiva. Tuttavia è inconfutabile che chi ha visto meno il campo nell’ultimo tribolato frangente, è risultato decisivo ai fini del successo finale. La Gumina ha raccolto, senza colpo perire, lo scettro dell’infortunato Nestorovski, siglando il gol del raddoppio da bomber consumato, procurandosi il secondo rigore del match, conferendo dinamismo e profondità alla manovra offensiva. Trajkovski ha finalmente fornito una performance intensa e vigorosa, spostando gli equilibri con il talento di cui dispone e dovrebbe regolarmente fare la differenza in questa categoria. Talento indubbio, troppo spesso annacquato da indolenza e discontinuità.
Anche Chochev, responsabilizzato dall’assenza di Jajalo e Gnahorê in mezzo al campo, ha denotato grossi progressi in termini di condizione atletica, risultando prezioso sia in interdizione che in cucitura della manovra.
La difesa ha ballato un po’ troppo, ma l’Avellino non è mai stato in grado di sfruttare con concretezza e cinismo le numerose chances avute nel corso della gara. E l’Avellino? Già finito l’effetto Foscarini? Al di là delle colpe di Novellino, resta squadra incompleta e destinata ancora a soffrire.
Articolo pubblicato il giorno 21 Aprile 2018 - 17:22