E’ stato riaperto, per decisione di Papa Francesco, il caso relativo al sacerdote della Diocesi di Napoli accusato di pedofilia e l’indagine avviata dall’arcivescovo di Napoli, cardinale Crescenzio Sepe, è in atto. Lo ricorda una nota della Curia arcivescovile di Napoli, nel giorno in cui, all’esterno del Duomo di Napoli, si è svolto un sit-in di protesta patrocinato dall’associazione Rete L’Abuso per chiedere conto dell’esito dei procedimenti canonici nei confronti dei preti accusati di violenza su minori. “Già lo scorso anno – spiega la nota – dalla Cancelleria diocesana venne precisato che la Congregazione Dottrina della Fede, alla quale la Diocesi di Napoli aveva rimesso tutta la documentazione relativa all’istruttoria fatta in loco, ‘nel 2016 riteneva non essere emersi gli elementi sufficienti per avviare un processo penale a carico’ del sacerdote in questione”. All’inizio di quest’anno, dopo una denuncia fatta da un’altra persona direttamente alla Santa Sede, “il Santo Padre – prosegue la nota – ha deciso la riapertura del caso, incaricando la Congregazione Dottrina della Fede di procedere a tutti gli adempimenti, per cui, poco prima della Pasqua, alla Diocesi di Napoli è stato affidato il compito di effettuare l’indagine previa, che il cardinale arcivescovo ha immediatamente avviata ed è, quindi, in atto”. Una volta completata tale indagine, conclude la nota, “verrà tutto rimesso per competenza alla stessa Congregazione Dottrina della Fede per le valutazioni e determinazioni”. “Solo un intervento del Papa può ridarci serenità” ha detto Diego Esposito (nome di fantasia) che questa mattina, con il volto coperto da una maschera, insieme con altre persone, ha manifestato dinanzi al Duomo di Napoli. “Lo faccio solo per i miei cari, io non ho alcuna paura di mostrarmi” ha sottolineato. Diego ha denunciato di essere stato vittima di abusi sessuali dal 1989 quando era appena 13enne. Abusi compiuti da un sacerdote del quartiere Ponticelli di Napoli e che da qualche tempo non risiede più nel Napoletano. La vicenda é, però, emersa nel 2010 quando Diego ha segnalato tutto alla Curia ma nel frattempo erano già decorsi i termini della prescrizione per la giustizia penale. La questione è stata esaminata dal Tribunale ecclesiastico per due volte ma e’ stata archiviata. Nel febbraio scorso la Congregazione della Dottrina della fede ha chiesto alle autorità ecclesiastiche di riaccendere i fari anche sulla base di quanto segnalato da alcuni articoli di stampa. “Quello che più mi addolora e’ che il mio vero nome, i miei dati siano stati divulgati – ha proseguito Esposito – io non mi arrenderò”.
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