Ci sono 36 nomi nella lista testi di Luca Materazzo, depositata venerdì pomeriggio dai suoi difensori – i penalisti Gaetano e Maria Luigia Inserra -, in vista della prima udienza del processo, che comincerà il 10 aprile prossimo, per l’omicidio dell’ingegnere Vittorio Materazzo avvenuto il 28 novembre del 2016, in via Maria Cristina di Savoia. Un elenco lungo e corposo che dimostra la volontà del giovane rampollo della Napoli bene di volersi difendere con estrema determinazione davanti ai giudici della Corte di Assise di Napoli. Anche la signora Elena Grande, come anticipa Il Mattino, vedova dell’ingegnere ucciso, ha depositato la propria lista di testimoni. Difesa dai penalisti Arturo ed Enrico Frojo, la donna ha indicato il commercialista Stefano Romano (che è anche teste del pm), amico di lungo corso di Vittorio Materazzo, al quale l’ingegnere aveva confidato il proprio timore di essere ammazzato, oltre ai propri dubbi sull’atteggiamento del fratello più giovane; poi Egidio Paolucci, avvocato ed amico di Vittorio, che sarà sentito sia sulla vicenda ereditaria nata dopo la morte di Lucio Materazzo, scomparso anni fa di morte naturale, sia i timori che Vittorio nutriva in relazione all’indagine personale condotta negli ultimi mesi di vita per chiarire le circostanze legate al decesso dell’anziano genitore; poi il nome dell’architetto Antonio Boccia, che ha collaborato per anni con la ditta di Lucio Materazzo e con lo stesso Vittorio, chiamato a riferire proprio sulle attività imprenditoriali del professionista ammazzato sotto casa. E non è tutto. Sempre a scorrere la lista testi della vedova Materazzo, c’è anche il generale Garofano ex comandante del Ris, indicato come consulente di parte nel corso del processo.
Invece le quattro sorelle di Luca e Vittorio, che si sono costituite parte civile e rappresentate dal penalista napoletano Gennaro Pecoraro, non hanno depositato alcuna lista testi. Tra i testi chiave dell’accusa c’è il titolare di un bar di via Crispi, che ha riconosciuto in Luca il giovane uomo che – nei minuti successivi il delitto chiese di usare la toilette dell’esercizio commerciale. Una testimonianza decisiva, quella del barista: “Mi chiese di usare il bagno, vi rimase per una ventina di minuti, mi insospettii per la prolungata permanenza, decisi di intervenire, bussai e aprii la porta: vidi quel giovane uomo mezzo vestito che si stava lavando, notai anche delle tracce di sangue”.
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