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Napoli, ‘Io non ci sto’: solo una parte di san Giovanni a Teduccio in piazza per dire no alle stese

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Studenti e gente comune in corteo tra i palazzoni di San Giovanni a Teduccio, periferia est di Napoli, contro le ‘stese’ le scorribande armate che esponenti di clan di camorra in guerra tra loro utilizzano per affermare il predominio sul territorio. ”Portiamo tutti un cartello con la scritta ‘Io non ci sto’, lo slogan della manifestazione – ha spiegato uno dei promotori – , perche’ vogliamo affermare la nostra determinazione a non voler abbandonare il quartiere nelle mani della criminalità organizzata. Una scossa di orgoglio che ci piacerebbe coinvolgesse tutte le istituzioni preposte per perseguire l’obiettivo di restituire una pacifica San Giovanni a Teduccio ai suoi onesti cittadini”. I manifestanti, partiti dal Parco intitolato a Massimo Troisi, hanno attraversato lungo il tragitto alcune strade teatro nei giorni scorsi di questi pericolosi raid, l’ultimo dei quali e’ avvenuto nel rione Villa, luogo di arrivo del corteo, per anni roccaforte e piazza di spaccio del boss della camorra Ciro Rinaldi detti my way sotto la cui abitazione nel corso degli ultimi due mesi ci sono state almeno 4 stese da  parte dei clan avversari dei Mazzarella e dei D’Amico.

“L’iniziativa – spiega don Modesto Bravaccino – nasce da un sogno che ho condiviso con la preside Valeria Pirone, all’indomani della sparatoria del 31 dicembre, dove fu ferito un ragazzino che commise l’errore di affacciarsi al balcone. Purtroppo le sparatorie si ripetono spesso e noi siano al centro di una guerra tra clan”. Don Modesto, prete della parrocchia di San Giuseppe e Madonna di Lourdes, ha in mano un bossolo: uno dei tanti proiettili che si raccolgono in strada dopo le cosiddette stese. Ma di rappresentanti politici e istituzionali in marcia ce n’erano pochi: i consiglieri regionali Francesco Emilio Borrelli e Antonio Marciano, gli assessori del Comune di Napoli Ciro Borriello e Annamaria Palmieri per l’amministrazione comunale e il presidente della municipalità Salvatore Boggia. 
“All’inizio abbiamo avuto una porta chiusa in faccia da tutti, a partire dai piccoli che dicevano di avere paura – ha detto la preside Pirone – fino a 20 giorni fa non avevamo una adesione né di un alunno né di una famiglia. Di stese se ne parla ancora troppo poco, i miei ragazzi mi raccontano ogni giorno di episodi del genere. Questo di stamattina è il nostro grido di rabbia».
Un risultato frutto di un lavoro di rete che ha coinvolto agenzie educative, parrocchie e la rete di associazioni Napoli Zeta, in particolare la cooperativa Sepofà, Libera, Terra di confine, Un popolo in Cammino, Ente Agisco, Studenti contro la Camorra, l’Associazione Maestri di Strada. 


Articolo pubblicato il giorno 19 Aprile 2018 - 15:00

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