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“Maximall Pompei”: io sorgo tu muori. Sarà il più grande centro commerciale del Sud Italia. Ma era proprio necessario costruirlo?

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<span style="color: #000000;">“Mors tua vita mea” – “Morte tua, vita mia”. Al di là del tono drammatico del senso letterale, la locuzione di origine mediovale si usa quando all’interno di una competizione o nel tentativo di raggiungere un traguardo ci può essere un solo vincitore: il detto indica cioè che il fallimento di uno costituisca requisito indispensabile per il successo di un altro. Ebbene sotto tanti aspetti mai come oggi questa espressione viene comunemente usata per descrivere efficacemente un comportamento connotato da caratteri opportunistici. Era il 16 Gennaio del 1998 il presidente del Consiglio Romano Prodi  approva il decreto di riforma del settore commerciale abolendo lelicenze e le 14 tabelle merceologiche, chiunque potrà aprire un negozio fino a 300 metri quadri, e vendere ciò che vorrà: alimentari e non. Un dramma per molti, la gioia per altri. Il parere vincolante delle Regioni resta su quelli di superfice superiore ai 2000 metri quadri. Qui entrano in gioco i centri commerciali. Prodi in persona era presente all’inaugurazione del “Vulcano Buono” circa 13 anni fa a Nola, al quale ne sono seguiti altri: nel 2012 La “Cartiera”; nel 2015 inaugurato il Parco Commerciale Maximall Oplonti di Torre Annunziata. Ombre su realtà già esistenti. “Cattedrali del consumismo” che occupano aree provocando inevitabilmente danni ambientali perchè quasi sempre vengono costruiti su terreni fertili e “ammazzano” le piccole attività. Vita mia morte tua… appunto. In questo spaccato di tessuto sociale, stretto nella morsa da una crisi economica immortale l’anno prossimo dovrebbe aprire i battenti “Maximall Pompei”. I lavori sono iniziati a fine 2017 è si presenterà come uno dei centri commerciali più grandi del Sud Italia. La maxi struttura si inserisce in una più vasta operazione di riqualificazione urbana del territorio che va dal porto turistico di Castellammare di Stabia a quello di Torre Annunziata: 200 negozi, otto sale cinematografiche, una struttura alberghiera a quattro stelle con 120 camere doppie, 24 ristoranti di vario genere e nazionalità, un parcheggio di quasi 4 mila posti auto. Il centro della struttura sarà un enorme anfiteatro per eventi a fare da cornice un gigantesco parco urbano con giardini, prati, alberi e una fontana danzante collocata dentro la Piazza Food, che richiamerà nello stile e nel design la famosissima e vicina piazza del Plebiscito, simbolo della città partenopea. Un investimento da oltre 150 milioni di euro che sorgerà su un area di più di 200.000 metri quadrati.

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Ovviamente in tanti saranno già in “pole position” per accaparrarsi il posto di lavoro; trovare la “maniglia giusta” per entrare nel mondo della neo- schiavitù. Così chiamata la generazione di lavoratori, in gran parte giovani che, grazie alla liberalizzazione delle aperture approvata dal governo Monti, lavora sette giorni su sette ( salvo riposo infrasettimanale) per 365 giorni l’anno esclusi Natale e Capodanno ma solo per i dipendenti dei superstore presenti nelle strutture. Vivendo oltretutto con ansia la situazione perchè i contratti sono atipici e a tempo determinato, vincolati da regole precise per ogni settore. Precari insomma con prospettive incerte per il futuro. Spcciati dagli amministratori locali come ancore di salvataggio per i comuni economicamente in crisi, grazie all’infame patto di stabilità, riferendosi alla creazione di nuovi posti di lavoro, sono molti gli elementi che, messi insieme, denotano un quadro “clinico” della realtà con parametri sotto tanti aspetti bassissimi come quelli che portano alla “morte” delle piccole botteghe creando nuova disoccupazione. 

foto:web


Articolo pubblicato il giorno 27 Aprile 2018 - 19:44

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