Maurizio Novembrini, nella caserma dei carabinieri, non ha risposto alle domande del pm e si e’ limitato a scarne dichiarazioni: “Litigavamo sempre”. Troppo poco per spiegare l’omicidio di suo fratello Carlo, ex sorvegliato speciale perche’ contiguo al clan dei Madonia, con alle spalle qualche anno di 41 bis, e della sua compagna Maria Fortini, uccisi a colpi di pistola calibro 9×21 in una sala slot di Caravaggio (Bergamo). Novembrini e’ entrato in azione come un vero killer e l’esecuzione della coppia e’ stata fredda, spietata. Dopo aver sparato quattro colpi, di cui tre sono andati a segno, stava per uscire dalla sala, tra gli avventori terrorizzati ed e’ tornato sui suoi passi, avvicinandosi al corpo del fratello per assicurarsi di aver finito il lavoro. I carabinieri, comandati dal colonnello Paolo Storoni, hanno atteso che tornasse verso casa per prenderlo. Non aveva con se’ la pistola che pero’ e’ stata trovata nei pressi quasi subito. Il pm Gianluigi Dettori ha gia’ depositato la richiesta di convalida del fermo per omicidio aggravato dalla premeditazione, dal vincolo parentale e per i reati connesso alla detenzione illegale della pistola con matricola abrasa. Il movente di tanta ferocia, e’ la convinzione degli investigatori, non sarebbe di natura passionale (si era parlato nelle ore successive di un presunto tradimento della moglie di Maurizio con Carlo) ma risiederebbe nei contrasti tra i due sullo sfondo dei rapporti che la famigli aveva intrattenuto con la criminalita’ di spessore. E’ stato chiarito anche il ruolo della sorella di vittima e assassino in base alle testimonianze e alle telecamere di sorveglianza della sala. La donna, che non e’ stata iscritta nel registro degli indagati, non aveva la consapevolezza di quanto il fratello voleva fare e ha anche cercato di fermare Maurizio quando ha estratto l’arma. Una vicenda dai contorni ancora da chiarire, al di la’ della certezza sul nome del colpevole, cosi’ come proseguono le indagini sulla follia omicida che alcune ore prima aveva sconvolto il Bresciano dove Cosimo Balsamo, 62 anni si era tolto la vita dopo aver ucciso a Flero il 78enne Elio Pellizzari e a Vobarno il 61enne James Nolli. Da accertare chi abbia fornito le armi all’assassino che ha utilizzato un fucile a pompa e due pistole tutte con matricola abrasa con cui ha voluto regolare i conti con vecchi coimputati in un processo. Da capire, inoltre, se l’uomo sia stato accompagnato ed eventualmente da chi in occasione del primo delitto, poiche’ e’ scappato con l’auto di Giampietro Alberti, proprietario del capannone teatro del primo delitto, rimasto ferito. Per Balsamo, nel 2007 il gup Lorenzo Benini (al quale l’imprenditore anni dopo fece trovare proiettili nel cestino della bicicletta) condannandolo al termine di quel processo per associazione, ricettazione e furto, usava parole quasi profetiche: “Pericoloso per la sicurezza pubblica attesa la sua predisposizione al delitto e il suo disprezzo per le leggi dello Stato”. Il giudice scriveva di “una indomabile capacita’ criminale” documentata, all’epoca, “dalle cinque facciate del certificato del casello giudiziale”.
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