“Camorristi non di nasce”, ma manche “Io mi sono fatto la galera davvero”. Si può sintetizzare in queste due frasi di inizio e fine intervista la vita di camorrista di Ciro Mariano, il famigerato capo dei “Picuozzi” dei Quartieri Spagnoli. tornato da ieri a casa dopo 30 anni di carcere e accolto da una festa. L’intervista è di qualche anno fa è ed è stata realizzata dalla collega Antonella Belelli Ferrera nel carcere di Spoleto dove è stato detenuto fino a ieri e per gli ultimi anni il boss Ciro Mariano. Il capo dei Picuozzi qualche anno fa è stato uno dei finalisti partecipanti al premio letterario per detenuti “Goliarda Sapienza-Racconti dal carcere”. Quindici minuti in cui Ciro Mariano racconta in un italiano quasi perfetto la sua storia criminale.
“Noi siamo cresciuti scugnizzi e poi siamo diventato camorristi per necessità, a quell’epoca non avevamo altra scelta. Io sono diventato capo perchè mi ci hanno messo. Sono legato a delle regole che adesso non ci sono più”. Ha iniziato così la sua intervista Ciro Mariano e poi dopo aver ripercorso gli inizi della sua carriera criminale ha affermato: “Grazie alla scuola ho scoperto di avere dei diritti a 60 anni. Io sono italiano, napoletano ma soprattutto quartierano. E’ il senso di appartenenza. Non credo che rifarei quello che ho fatto. Quando uno è giovane non è preparato a queste cose, Non volevo essere portato a subire le decisioni degli altri. Sono stato tradito da una persona amica. Mi avevano portato a un appuntamento trappola. L’ho capito subito sono andato via. Sono andato a un appuntamento credendo di incontrare persone che conoscevo per cercare di appianare i contrasti che c’erano. E invece non fu così”. Ciro Mariano parla anche di come erano organizzati all’epoca i Quartieri Spagnoli: “Nel nostro quartiere all’epoca noi ci siamo anche sostituti allo Stato. Non si facevano scippi, non si andava a rubare nelle case di nessuno e non si vendeva l’eroina. Era una scelta nostra. facevamo qualcosa che non spettava e che doveva fare lo Stato. Io ho sempre fatto latitanza o galera. Non sono mai stato un uomo libero”. E poi ancora il messaggio di chi ha creduto e non rinnega la vita di camorrista: “Io non sto in guerra con nessuno ora. E’ stato un momento storico che si è aperto e si è chiuso. Per mio principio preferisco farmi la galera per rispettare gli amici che sono andati in galera per me, per i morti. a torto o a ragione ho fatto delle cose e ora devo portarla avanti in fondo. Ho fatto il 41 bis all’Asinara 6 anni, poi Cuneo, poi sono venuto a Spoleto, dove sto bene faccio cultura fisica, gioco a pallone nonostante gli anni, studio, mi sono diplomato e ora mi sono iscritto all’Università alla facoltà Conservazione dei beni culturali. Ho la passione della Storia dell’Arte. Vedo mia moglie due volte al mese ogni tanto i miei figli. Per le famiglie dei morti non è giusto che io mi penta. Non voglio prostituire la mia storia per avere un vantaggio. Io non voglio alcun vantaggio, mi faccio la galera e a modo mio penso di dare più soddisfazione di qualcun altro alle persone che hanno subito per colpa mia. Ho fatto le carceri peggiori d’Italia. Potrei raccontare cose allucinanti. Io ho fatto la galera davvero”.
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