“Sei tu il giornalista? Ti faccio fare io uno scoop” e via con le ‘mazzate’. Stefano Andreone, giornalista della testata online MetNews, racconta la cronaca locale dei Comuni a nord di Napoli e si e’ ritrovato in ospedale, picchiato da tre persone per un articolo che aveva scritto sulle ‘mazzette’ sulle esumazioni. Oggi, a distanza di tempo, e’ lui stesso a raccontare che quella frase fu il preambolo di un pestaggio da parte di tre persone. Andreone ha raccontato la sua storia, oggi a Napoli, in occasione della manifestazione per la liberta’ di stampa, organizzata dal Sindacato unitario dei giornalisti della Campania, Odg Campania e Fnsi. Come Andreone, anche Domenico Rubio e Giuseppe Bianco, nel 2014, hanno ricevuto minacce: “Vi spariamo”. Era una lettera anonima indirizzata ai due cronisti per il loro lavoro di inchiesta sulla commistione tra politica e camorra ad Arzano, hinterland partenopeo. Oggi resta la paura, ma la tenacia di continuare a raccontare i fatti. Le loro sono storie tra tante portate a esempio della difficolta’ di essere giornalisti oggi. “Liberi di informare, contro le minacce delle mafie, senza discriminare. No al linguaggio dell’odio, no al carcere per i giornalisti, alle querele bavaglio”. I cartelloni parlano chiaro: la liberta’ di stampa “e’ minacciata”. Da Napoli la Fnsi lancia due manifestazioni nazionali in difesa della liberta’ di stampa, una a Milano, l’altra nel capoluogo partenopeo. A Milano si parlera’ di contrasto al lavoro precario, a Napoli (a giugno) di bavaglio alla liberta’ di informazione. Perche’ di fronte, come spiega Giuseppe Giulietti, presidente della Fnsi, “abbiamo una emergenza democratica” che rende necessario “un incontro urgente al Capo dello Stato, Sergio Mattarella, e ai presidenti di Camera e Senato”. “Ogni testata data a un giornalista, e’ una testata all’articolo 21 della Costituzione – dice – E’ diventato normale minacciare, picchiare, aggredire”. Vittime non sono solo “i 19 cronisti sotto scorta, ma decine di cui dobbiamo parlare perche’ non vanno lasciati soli”, accendendo i riflettori, formando “una scorta mediatica” a tutela di chi corre rischi per il suo lavoro. La Campania, ad oggi, e’ tra le regioni in cui risiede il maggior numero di giornalisti minacciati. “A Caserta – ha affermato Claudio Silvestri, segretario del Sugc – ci sono 4 giornalisti sotto scorta armata e solo 10 denunce. Questo significa che la camorra e’ riuscita a mettere a tacere i cronisti. Dobbiamo essere presenti”. Non ci sono solo le minacce fisiche e le aggressioni. L’altra faccia della medaglia sono le querele temerarie, quelle che mettono il bavaglio alla liberta’ di informazione. “Chi querela un giornalista molesta il diritto di cronaca – aggiunge – e dovremmo prevedere che il querelante che perde lasci meta’ dei soldi a un fondo per il precariato”. “Nella passata legislatura – ha ricordato Raffaele Lorusso, segretario generale della Fnsi – proposte di legge a tutela della stampa sono state scientificamente fatte naufragare, come, per esempio, quella che puntava al contrasto del precariato, altra debolezza del nostro mestiere”. Invoca un “fronte comune del giornalismo” Carlo Verna, presidente nazionale dell’Ordine dei Giornalisti. “Dobbiamo essere tutti uniti – ha sottolineato – contro la precarieta’ che si salda con le minacce fisiche e morali. Dobbiamo resistere per rilanciare il ruolo dell’informazione”. Ottavio Lucarelli, presidente dell’Odg Campania, parla di “fenomeno diffuso” a cui occorre contrapporre “una scorta mediatica, la viva cronaca dei fatti, tornare nei luoghi di cui si racconta senza timori”.
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