Facebook spinge sempre di più sulla trasparenza. Dopo un 2017 in cui è stato travolto dalle polemiche per avere ospitato pubblicità russe pensate per interferire nelle elezioni presidenziali americane del novembre 2016, vinte da Donald Trump, il social network ha annunciato una serie di misure che chiamano in causa gli inserzionisti. A pochi giorni dalla sua testimonianza al Congresso Usa dedicata allo scandalo Cambridge Analytica, il Ceo Mark Zuckerberg ha detto che chi vuole fare pubblicità sulla piattaforma deve prima fornire una verifica della propria identità e della località di riferimento. Così facendo il gruppo di Menlo Park (California) vuole prevenire interferenze straniere nelle chiamate alle urne. In modo simile, la società si impegna a verificare l’identità delle persone associate a grandi pagine Facebook simili a quelle usate da agenti russi che si sono finti americani per spargere disinformazione riguardante tutti e due gli schieramenti politici Usa, quello democratico e quello repubblicano. Non è stato indicato un limite oltre il quale questa misura scatta. In un post, l’amministratore delegato 33enne ha spiegato che “questi passi da soli non fermeranno tutti coloro che vogliono farsi gioco del sistema ma renderanno molto più difficile per chiunque agire come hanno fatto i russi durante le elezioni del 2016 usando account e pagine false per lanciare pubblicità”, ha scritto Zuckerberg. Il suo post segue di pochi giorni l’annuncio della rimozione dal social network di 270 account e pagine legate all’Internet Research Agency, la cosiddetta fabbrica di troll usata dal Cremlino per provocare divisioni nell’elettorato americano. Zuckerberg, inoltre, si è detto favorevole a un disegno di legge del Senato chiamato Honest Ads Act. Il provvedimento richiederebbe a gruppi come Facebook, Twitter e Snap di rispettare le stesse regole sulla pubblicità di tipo politico che sono chiamati a onorare i media tradizionali come tv, stampa e radio. “L’interferenza nelle elezioni è un problema più grande di qualsiasi piattaforma ed è per questo che siamo in favore dell’Honest Ads Act”. Esso “aiuterà ad aumentare i livelli di standard di tutta la pubblicità politica online”. In una giornata di forti vendite provocate da timori di guerre commerciali tra Usa e Cina, il titolo Facebook il 6 aprile ha perso l’1,34% a 157,20 dollari. Nel 2018 ha ceduto l’11% e negli ultimi 12 mesi ha guadagnato l’11,36%. Per un confronto, l’S&P 500 nel 2018 ha lasciato sul terreno il 2,59% e nell’ultimo anno è salito del 10,5%.
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