Firenze. Da Pollena Trocchia alla Toscana i boss del clan Terracciano avevano esportato usura, estorsioni e avevano riciclato i proventi di attività illeciti in locali notturni. Per 52 persone coinvolte nell’inchiesta della Dda di Firenze è stato disposto il rinvio a giudizio. Affronteranno il processo gli esponenti del gruppo, fiancheggiatori e prestanome che agivano in Toscana tra Firenze, Prato e Viareggio. Il gup Angelo Antonio Pezzuti ha rinviato a giudizio 52 soggetti: sono esponenti di vertice del gruppo criminale, fiancheggiatori e prestanome nel controllo di aziende commerciali. La prima udienza si terrà l’11 gennaio 2019 all’aula bunker di Firenze. Per 16 imputati l’accusa principale è di associazione a delinquere di stampo mafioso, armata, finalizzata a compiere numerosi delitti di usura, estorsione, scommesse clandestine, sfruttamento della prostituzione, commercio di merce contraffatta, riciclaggio, controllo e gestione di locali notturni e imprese di ristorazione, immobiliari, abbigliamento e automobili. Nell’esprimere la loro forza intimidatrice in Toscana, sostiene la Dda, i Terracciano hanno fatto valere le loro relazioni familiari e trascorsi nel gruppo Nuova Famiglia del clan di Raffaele Cutolo. Personaggi di spicco del clan, con base a Prato, sono Giacomo Terracciano, 66 anni, e Carlo Terracciano, 69 anni, originari di Pollena Trocchia, accusati di dirigere e organizzare l’associazione; il ‘cassiere’ Francesco Lo Ioco, 66 anni di Nicosia (Enna), considerato dagli inquirenti la ‘mente finanziaria’ del gruppo e specialista in usura; la guardia del corpo di Giacomo Terracciano, Pasquale Ascione, 48 anni, loro compaesano. A processo anche una serie di figure di riferimento per i vertici del clan tra cui gli stessi figli di Giacomo Terracciano, Francesco e Antonio Terracciano, e ancora Bruno Gori, Luca Pacini, Jonah Ghiselli, Luca Barollo, Luca Basile, Michele Di Tommaso, Paolo Posillico, Mirko Traficante, Dritan Vuji e Giuseppe Catapano. Intimidazione e omertà sono tratti dell’organizzazione, come ha rilevato il pm Giulio Monferini nella richiesta di rinvio a giudizio del settembre 2013. Per gli altri imputati sono contestati, a vario titolo, il concorso nei reati fine dell’associazione. Per le indagini, svolte dalla guardia di finanza, i proventi delle attività illecite in Toscana venivano riciclati in imprese commerciali. Aziende che nel corso delle varie inchieste sono state sottoposte a sequestro, anche per valori ingenti.
(Nella foto Giacomo e Carlo Terracciano)
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