“Appartiene a uno dei Sequino”, è la frase intercettata durante un colloquio in carcere tra Raffaele Vastarella, detto “Auciello” e il figlio Rosario. La frase è contenuta nelle oltre 400 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare che il mese scorso ha portato in carcere 18 persone tra boss, familiari e affiliati del clan Vastarella del rione Sanità tra cui il reggente Patrizio, Vastarella, la moglie, il figlio, un nipote e altri affiliati. Anche lo stesso Raffaele è stato raggiunto da una nuova ordinanza in carcere. La conversazione è data 3 settembre 2016 ed è registrata nel carcere di Voghera dove l’uomo è detenuto. Il 31 agosto in via Sanità era stato ucciso il figlio Vittorio. Quella frase intercettata e l’intero colloquio hanno dato via a nuovi spunti investigativi ma anche la conferma della rottura tra i Vastarella e i Sequino che erano stati alleati fino a qualche anno prima e che si erano divisi la gestione dei traffici illeciti nel rione. Quell’omicidio farebbe riferimento alla strage di Martedei del 3 agosto quando in un agguato furono trucidati il boss emergente Salvatore Esposito, e Ciro Marfé, il primo ritenuto legato al clan Sequino del rione Sanità e il secondo legato al clan Contini e il ferimento del ras Pasquale Amodio anch’egli legato ai Sequino. Erano di ritorno da un summit di camorra a cui avevano partecipato al Cavone in cui avevano deciso di creare un super cartello di camorristi (escludendo i Vastarella) che avrebbe dovuto gestire il traffico di droga da Poggioreale fino al Vomero. E Vittorio Vastarello secondo gli investigatori era un obiettivo facile da colpire perché non era uno di quelli che partecipava fino in fondo agli affari illeciti delle famiglia. Aveva terminato appena tre mesi prima gli arresti domiciliari per l’unico reato commesso in 43 anni, droga.
dall’intercettazione ambientale in carcere, pubblicata dal quotidiano Il Roma, traspare chiaramente tutta la convinzione dell’anziano ras che ad uccidere il figlio Vittorio, come riferitogli dall’altro congiunto, Rosario, sia stato qualcuno legato al clan Sequino,
Era il 3 settembre 2016 quando la microspia registrò la conversazione, durata circa due ore, dalla quale traspariva an-che la richiesta di “spiegazioni” su un argomento preciso a Patrizio Vastarella, fratello di Raffaele e zio di Rosario. Il giovane, libero, avrebbe fatto da tramite tra i due fratelli.
Raffaele: «Loro che ti hanno detto…».
Rosario: «Ah?».
Raffaele: «Loro che dicono?». Rosario: «incomprensibile». Raffaele: «I Tolomelli che di-cono?».
Rosario: «Non lo so, non ci stanno loro».
Raffaele: «No, perché appar-tiene a uno dei Sequino». Rosario: «Ah?».
Raffaele: «Appartiene a uno dei Sequino».
Rosario: «Incomprens…..adessso comunque…incomprens….”
Raffaele: «Come, ma quello che dico io, ma quello……incomprens….non poteva andare dietro…..incomprens…..dentro a un portone? E lo “menavano” a terra?».
I due sono interrotti da un detenuto che va a chiedere qua-te ore di colloquio devono fare. Rosario risponde: “due”. Raffaele: «Ha capito quello che dico io…è vero che stava a terra dentro a un portone?» Rosario: «Eh».
Raffaele: «Quello è un uomo di merda quel ragazzo».
Rosario: «Lo so….non ti preoccupare…hai capito? L’ho avuta la lettera».
Raffaele: «È stato quello, non hai capito?».
Rosario: «No…ma io a….».
Successivamente padre e figlio discutono sulla possibilità che il loro congiunto Vittorio forse si sarebbe salvato se i soccorsi fossero stati più rapidi. E gli investigatori sulla base di questo colloquio intercettato stanno cercando i riscontri anche alla luce del racconto fatto all’epoca da un supertestimone ascoltato poco dopo l’agguato e che si sarebbe trovato sulla scena del crimine.
(nella foto il luogo dell’agguato e nei riquadri da sinistra il boss Raffaele Vastarella e il figlio ucciso Vittorio Vastarello
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