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Scafati, dopo l’attentato il consigliere Santocchio accusa: “Sono finito nel mirino per la mia attività politica”

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Scafati. Non è più la piccola Venezia, ma ormai Scafati sembra essere diventata la piccola Gomorra, non quella dei clan feroci delle ‘stese’ ma quella dei colletti bianchi e della camorra imprenditoriale che colpisce le istituzioni. Una bomba, un’altra, è esplosa ieri sera dinanzi ad un negozio sfitto di proprietà di Mario Santocchio, avvocato civilista ed ex consigliere comunale di Fratelli d’Italia, uno dei principali oppositori dell’ex sindaco Angelo Pasqualino Aliberti nell’ultima consiliatura tramontata con lo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni camorristiche. “E’ un attentato di matrice politica” dice Santocchio, poche ore dopo essere uscito dalla Tenenza dei carabinieri dove è stato sentito e dove ha sporto denuncia contro ignoti. Santocchio, uno dei testi dell’inchiesta Sarastra per scambio di voto politico-mafioso che vede indagati l’ex sindaco, esponenti del clan Loreto-Ridosso e politici, oltre che il consigliere regionale Monica Paolino, moglie di Aliberti e il fratello di quest’ultimo Nello Maurizio, ha riferito ai carabinieri quanto accaduto poco prima di mezzanotte su Corso Nazionale dove è situato il locale. Ma ha anche spiegato, qualora non si sapesse, la sua attività politica passata e recentissima. “Non ho ricevuto nessuna richiesta estorsiva – dice Santocchio – e non è certo legato al mio lavoro di avvocato quello che è accaduto”. Poi spiega: “L’unica attività che mi pone nel mirino è solo l’attività politica”. L’ex consigliere, ex assessore con la prima Giunta Aliberti, poi suo principale oppositore nella seconda consiliatura, prova a capire cosa abbia potuto determinare questo messaggio intimidatorio e mafioso che gli è stato ‘recapitato’ senza avvisaglie, proprio in un momento in cui – dopo l’arresto dell’ex sindaco – sembravano essersi sopite le accese polemiche politiche che hanno caratterizzato la vita pubblica degli ultimi anni, con attacchi violentissimi attraverso i media e i social. “C’è un clima di grande tensione sociale e politica – dice – per molti è colpa dell’opposizione consiliare se c’è stato lo scioglimento del consiglio comunale, ma non è così. C’è dell’altro alla base dello scioglimento, lo dimostra un’inchiesta della magistratura. Noi abbiamo fatto il nostro dovere politico denunciando pubblicamente quello che non andava bene. Quella che mi è stata riservata è una grande intimidazione, un incubo perchè è evidente che abbiamo a che fare con persone che, anzichè usare gli strumenti della dialettica e della democrazia, usano la violenza”. Santocchio spiega, poi, che nel pomeriggio di martedì si era tenuta, a poche decine di metri dal luogo dell’attentato che, per fortuna, ha provocato solo danni alle cose, una manifestazione politica con il candidato alle Politiche di Fratelli d’Italia, Edmondo Cirielli. “C’erano tante persone alla manifestazione organizzata da me e dall’ex consigliere Cristoforo Salvati – racconta – non ci sono state tensioni. Ma certo il clima politico è particolare, è finito un impero e qualcuno sta perdendo terreno, questo potrebbe aver creato tensioni”. Il negozio, preso di mira dagli attentatori, dal 2015 non ospita più il negozio di scarpe che c’è stato per anni. Nel 2015, durante le Regionali, ha ospitato il comitato elettorale di un altro politico scafatese, Pasquale Coppola, ex presidente del Consiglio, anch’egli – nell’ultima fase della scorsa consiliatura – grande oppositore della maggioranza Aliberti e finito, negli ultimi mesi, nel registro degli indagati per scambio di voto politico-mafioso nell’inchiesta Sarastra, passando da grande accusatore di Pasquale Aliberti ad indagato.
Quella politica è la pista più battuta dagli inquirenti, d’altronde, la bomba al negozio di proprietà di Santocchio non è una novità nel panorama politico locale degli ultimi anni. Nel 2014 un altro ordigno era esploso davanti all’abitazione di famiglia di Vittorio D’Alessandro, all’epoca consigliere del Pd, dove vive la sorella. Anche in quel caso l’obiettivo fu ‘trasversale’ e – anche se fino ad oggi non sono stati ancora individuati i responsabili – l’attentato fu ricondotto all’attività politica di opposizione dell’allora consigliere.
Ora non restano le indagini che – sicuramente – privilegiano la pista di ‘matrice politica’, ma in questi casi parlare di movente politico, sembra quasi paradossale. L’attività politica non può giustificare un gesto camorristico e intimidatorio. E’ un’altra cosa.
I carabinieri della Tenenza di Scafati stanno conducendo le indagini, coordinate dalla Procura ordinaria per il momento, ma che verranno trasmesse nelle prossime ore all’Antimafia. Sono state acquisite e visionate le immagini registrate dalle telecamere di un vicino istituto di credito per verificare come gli attentatori siano arrivati davanti al negozio preso di mira. Nel caso siano passati dinanzi alle telecamere, nella strada a senso unico con un mezzo di locomozione. Ma non è escluso che chi ha agito abbia fatto il percorso inverso al senso di marcia, magari a piedi e si sia dileguato poi nel centro storico tra il quartiere Vetrai e via Cesare Battisti. Escluso invece che l’ordigno fatto esplodere ieri sera sia da inserire nel contesto degli attentati dell’ultimo anno che hanno visto tra i bersagli il Roxi Bar di via Pietro Melchiade, gestito dalla figlia del boss Francesco Matrone, oppure la sala giochi di via Martiri d’Ungheria di proprietà della famiglia Ridosso, oppure gli spari al bar del neo pentito Dario Spinelli. Su questi l’ombra dei clan Cesarano, Sorrentino, Matrone e Loreto-Ridosso che ancora si contendono il territorio e sono tutt’altro che sgominati.

Rosaria Federico


Articolo pubblicato il giorno 1 Marzo 2018 - 23:05

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