Salvatore ‘Poppetta D’Orsi sapeva di essere in pericolo ma non aveva paura. I messaggi sulla sua bacheca facebook lo dimostrano. Uno degli ultimi scritti il pomeriggio prima di essere ammazzato recita: “Quando morirò non venire alla tomba per dirmi quanto mi ami e quanto ti manco, perché quelle sono le parole che voglio sentire quanto sono ancora vivo”.Salvatore “Poppetta” D’Orsi potrebbe essere stato eliminato per uno sgarro nel mondo della droga. Il 29enne ucciso la notte scorsa a Ponticelli non aveva legami con i clan della zona. Solo che negli ultimi tempi era stato segnalato insieme con personaggi del gruppo Minichini-Schisa-Solla, alleati dei Rinaldi-Reale-De Luca Bossa-Aprea che hanno lanciato la riconquista del rione a discapito dei reduci del potente clan De Micco. E in questa logica potrebbe inquadrarsi il suo omicidio. Una chiave di lettura può arrivare proprio dalla sua bacheca facebook, una vero e proprio manifesto del trash ma ricco di segnali inequivocabili. L’ultimo suo post recita “Si scende si va al rione Traiano, sera stiamo arrivando”. Dove andare Poppetta D’Orsi e con chi doveva incontrarsi? Gli uomini della squadra mobile di napoli e quelli del commissariato di Ponticelli che stanno indagando sul suo omicidio stanno spulciando tutti i suoi contatti telefonici, i messaggi. E’ li che potrebbero trovare elementi utili alle indagini: le sue frequentazioni, le telefonate. Oltre alle chat social. Ieri aveva postato tra le altre anche il filmato della canzone “o’ latitante” e un pezzo del film “Il Camorrista”. Ma è messaggi posta sulla sua bacheca facebook nei giorni precedenti che potrebbe esserci la chiave di volta del suo omicidio. Qualcosa di recente deve essergli accaduto perché il 9 marzo scorso ha postato una sua foto nella cucina della sua abitazione in cui appare sofferente con il messaggio “Il leone è ferito ma non è morto”. Il 3 marzo invece la foto messaggio: “Non fatemi la guerra che poi la perdete” accompagnata dal commento: “Vi distruggo, tempo a tempo” con il simboletto della bomba a mano. E prima ancora l’8 febbraio accanto alla foto di due pistole che si fronteggiano: “Tempo a tempo poi vedi tu che fine fai”. Invece il 27 febbraio aveva postato per la prima volta il messaggio “Non fatemi la guerra che poi la perdete” accompagnato dal commento: “Lota chiste e pe te o sai buone primo poi poi vedi che fine fai”, con i simboletti di una pistola e di una bomba a mano. Gli investigatori ora cerceranno di capire anche attraverso gli interrogatori della sua compagna, dei suoi genitori e degli amici con chi era entrato in contrasto Salvatore Poppetta D’Orsi tanto da decretarne la morte. Chi lo ha ucciso conosceva bene le sue abitudini e l’altra notte l ha atteso sotto casa in via Oplonti. Tre colpi precisi al bersaglio grosso. Lui è crollato a terra ma quando i killer si sono allontanati ha avuto la forza di alzarsi e andare a piedi sotto casa, bussare al citofono al padre e chiedere aiuto. La corsa verso la clinica Villa Betania, loperazione chirurgica e poi il suo cuore si è fermato alle 6,30 di ieri mattina.
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