Nola. Agente accusato da un collaboratore di giustizia di essere un referente del clan: assolto dopo cinque anni. Finisce con un’assoluzione per non aver commesso il fatto, la disavventura giudiziaria di Giuseppe Bruno, ex assistente in servizio al Commissariato di Nola. Il poliziotto finì nel mirino della magistratura nel 2013 quando il collaboratore di giustizia, Salvatore De Martino – arrestato nel 2011 – lo indica come il referente del suo clan per ottenere informazioni riservate e evitare arresti o controlli. Il pentito sostenne di aver raccolto le amicizie e l’eredità del boss Felice Napoletano, ucciso nel maggio del 2003. In particolare, parlò di alcuni poliziotti del commissariato di Nola: Giuseppe Bruno, Pasquale De Santis e altri due agenti, la cui posizione è stata archiviata nel corso dell’udienza preliminare. Nel 2015 De Santis fu giudicato con rito abbreviato e fu condannato ad una mite condanna, Bruno invece scelse la strada del giudizio ordinario. Difeso dall’avvocato Giuseppe De Gregorio, il 19 febbraio scorso i giudici del Tribunale di Nola hanno assolto Giuseppe Bruno.
Nel corso del dibattimento ha evidenziato le incongruenze delle accuse del pentito. Nonostante, De Marino sostenne che grazie al poliziotto il clan aveva la possibilità di commettere estorsioni e traffici d’armi non è riuscito a collocare la condotta dell’agente in un arco temporale prestabilito.
L’ex ras, riferendo di un viaggio con Bruno per andare a trovare un boss in Calabria, non avrebbe indicato la località dell’incontro. La Procura, che per Bruno aveva invocato una condanna a otto anni di reclusione per associazione per delinquere di stampo mafioso, favoreggiamento e rivelazione di segreto d’ufficio, è stata smentita dalla sentenza dei giudici nolani che hanno assolto l’imputato per non aver commesso il fatto.
Articolo pubblicato il giorno 1 Marzo 2018 - 11:37