Presso la Biblioteca Comunale Raffaele Pucci, in occasione della celebrazione della Giornata mondiale della Poesia, sono stati presentati i libri di poesia “Bereshìt” di Raffaele Urraro, Marcus edizioni, e “Multiverso di quel colore che soccorre, a volte” di Carlo Di Legge, Puntoacapo Edizioni.
Entrambi Professori, gli autori condividono la passione per la poesia intesa come la forma d’arte per eccellenza capace di creare suggestioni, evocare ricordi, accarezzare emozioni, esprimere l’umano.
In Bereshit , parola ebraica che tradotta significa in principio, il Prof. Urraro spiega che il testo nasce dalla lettura della Genesi, il primo libro della Bibbia, e diviene l’occasione per esprimere i propri pensieri, le proprie riflessioni perché come afferma simpaticamente “non ho l’umiltà di tenerli per me”. Prosegue affermando che la poesia serve per parlare, per orientarsi, per accertare dove ci si trovi e dove si stia andando; in sintesi per darsi una prospettiva sulla realtà. Siamo circondati da violenze che si reiterano continuamente e che non si riescono a fermare, in questa drammatica circostanza, la poesia diventa un’attività dello spirito umano che permette di scendere all’interno delle cose, per dare un senso all’esistenza propria e a quella degli altri. L’autore parla di emozioni del cuore e della mente perché la poesia è conoscenza e razionalità.
Il Prof. Di Legge vive la poesia come la possibilità di descrivere in modo diretto il mondo, partendo da un ottica individuale che ben presto induce alla contemplazione; la poesia indaga in quello che appare insondabile e successivamente armonizza sulla tavolozza dei colori dell’esistenza ciò che è immediato con ciò che è evocato dallo sguardo penetrante del poeta. Scrive:“La verità che appare nella strada sembra priva di pretese, ma s’impone. Non ti domandi ragione dell’assurdo”. Ogni istante si dilata in molteplici immagini che rivelano la realtà presente nella confusione del mondo, e la poesia ne diviene l’interprete massima per decifrarne le sequenze.
La poesia è la parola capace di suscitare emozioni che rimbalzano sull’appartato valoriale del lettore, che autonomamente le adatta alla propria esperienza di vita. Potrebbe sembrare una forma espressiva per pochi intenditori, la realtà è ben diversa perché la poesia parla alla “pancia” dell’uomo, utilizzando svariati linguaggi che liberano emozioni portatrici di divertimento, dolore, ironia, sofferenza. L’uomo possiede in sé la poesia che per questo motivo è universale, bisogna solo risvegliare questa verità.
Claudia Squitieri
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