Vogliono lo sconto di pena di due giovani e spietati assassini di Vincenzo Amendola, il 18enne ucciso il 5 febbraio 2016 e ritrovato giorni dopo in un terreno di campagna nel quartiere di San Giovanni a Teduccio. Gaetano Formicola detto ‘o chiatto, figlio del boss Antonio detenuto al 41 bis e suo cugino Giovanni Tabasco detto birilinno e Raffaele Morra, il proprietario del terreno che ha fatto da tomba al 18enne e che dopo il delitto aveva ricoperto di mattoni per creare una stalla per porci e cavalli, hanno ottenuto di essere processati con il rito abbreviato. La decisione è arrivata ieri mattina all’esito dell’udienza preliminare. La ricostruzione dei fatti che portarono alla morte del ragazzo incensurato di San Giovanni a Teduccio sono abbastanza chiare.
Innanzitutto partendo dal movente. Amendola aveva una relazione con la moglie di Antonio Formicola, padre di Gaetano, boss del quartiere. Rapporto che si desume da una serie di telefonate e testimonianze raccolte anche dopo la prima indagine che il 22 marzo scorso aveva portato all’arresto del figlio del boss e del suo complice, poi scarcerati dal Tribunale del Riesame per mancanza di riscontri oggettivi alle dichiarazioni del testimone oculare e pentito Gaetano Nunziata. “Il quartiere così dice ma hanno capito una cosa per un’altra”, diceva il figlio alla mamma, riferendosi alla relazione. Poi ci fu un summit, a casa della nonna del ragazzo, madre del papa’, donna con un cognome ‘pesante’ nel panorama criminale. “Fu li’ che fu deciso come doveva morire Vincenzo e per mano di chi”, secondo l’accusa. La sequenza dell’orrore porta direttamente “alle panchine del Bronx a Ponticelli”, quartiere dove era solito stare Vincenzo che fu trovato dai suoi killer la notte del 4 febbraio, portato nella fossa scavata a San Giovanni e li’ ucciso.
La ricostruzione del movente, della dinamica delle responsabilita’ per questa esecuzione e’ stata resa possibile non solo dalle dichiarazioni del pentito che ha partecipato all’omicidio e che ha permesso di ritrovare il cadavere e l’arma utilizzata, gettata una scogliera, ma anche da intercettazioni. Il gip di Napoli aveva gia’ emesso a marzo dello scorso anno la prima misura cautelare fondata su elementi quali la denuncia della scomparsa, i tabulati dell’utenza telefonica del ragazzo, alcune intercettazioni e due interrogatori resi dal pentito. Formicola e Tabasco, dopo un periodo di latitanza erano stati arrestati a Viterbo dove si erano rifugiati. Allora, l’ordinanza era stata annullata dal Tribunale del Riesame che, pur non mettendo in discussione l’attendibilita’ del collaboratore di giustizia, aveva ritenuto che le intercettazioni, in parte non trascritte integralmente nella misura cautelare, non erano univocamente interpretabili e quindi non fornivano riscontri utili alle dichiarazioni del pentito. Le indagini cosi’ sono state approfondite, accertando anche il coinvolgimento nei fatti del proprietario del fondo in cui il corpo di Amendola e’ stato trovato, Raffaele Morra, oggi arrestato, il quale avrebbe avuto un ruolo anche del seppellimento del cadavere. Altri riscontri vengono dalle attivita’ tecniche della polizia sul luogo del delitto e sull’ arma per commetterlo, nonche’ da informazioni assunti dai parenti della vittima e da persone che erano presenti nel momento e nel posto in cui Vincenzo Amendola fu prelevato dai suoi sicari per essere condotto al luogo dell’omicidio.
Il corpo della vittima, scomparsa il 5 febbraio 2016, e’ stato ritrovato solo il 19 dello stesso mese seppellito in un terreno a San Giovanni a Teduccio interrato a circa 1 metro e mezzo di profondita’, coperto da una rete metallica e da travi di legno nonche’ da materiali di risulta di lavori edili, tanto che per l’estrazione del cadavere si e’ reso necessario l’utilizzo di un escavatore da parte di personale dei Vigili del Fuoco. A fare scalpore, all’epoca dei fatti, non furono soltanto le notizie sul barbaro omicidio del 18enne, ucciso per fermare pettegolezzi che lo vedevano legato alla moglie del boss Antonio Formicola, ma anche l’immagine che ritraeva giovanissime studentesse all’uscita da scuola che sulla fossa, luogo del ritrovamento di Vincenzo, scattavano foto e selfie.
(nella foto da sinistra Gaetano Formicola, Giovanni Tabasco, il pentito Gaetano Nunziato e nel riquadro la vittima Vincenzo Amendola)
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