Il tracciato di una strada, con tanto di impronte lasciate dal passaggio di carri e quattro gallerie scavate nella crosta tufacea, due delle quali collegate da uno stretto camminamento forse di uso militare raccontano una storia diversa da quella tramandata nei secoli. Castel dell’Ovo non sorge su un isolotto collegato alla terraferma da riempimenti, ma Megaride, secoli fa era una penisola che ospitava un approdo sicuro per chi rientrava da viaggi nel Mediterraneo. Una scoperta che apre a nuove ricerche non soltanto storiche ma anche geologiche, geografiche, filologiche e naturalmente archeologiche. Lo spirito del progetto SeaReN si fonda proprio sulla interdisciplinarieta’ della ricerca. Nato per caso dalle immersioni dell’archeologo Filippo Avilia, SeaReN e’ finanziato dall’universita’ Iulm di Milano con la collaborazione della Soprintendenza ai Beni Archeologici di Napoli, Marenostrum e Elleesse Italia srl. Nell’ottobre scorso sono state infatti individuate due aree di interesse storico archeologico, la prima a ponente di Castel dell’Ovo, la seconda a ridosso della scogliera di via Partenope.
Ad aprile prossimo riprenderanno le immersioni subacquee per eseguire nuovi rilievi, anche di carattere geologico, nelle due zone e ricostruire una storia ancora tutta da scrivere, perche’ il porto antico di Napoli finora conosciuto e’ emerso grazie anche agli scavi per la metropolitana ed e’ stato datato al terzo secolo avanti Cristo, esplorando profondita’ non superiori ai 4 metri. Con la nuova ricerca si arriva anche ai sei metri di profondita’, con la scoperta di opere che possono essere collocata tra la meta’ del VII secolo a.C. alla meta’ del VI secolo a.C., collegate forse all’antica colonia di Palaepoli Parthenope che si affacciava sul mare da Pizzofalcone. Un approdo e non un porto, secondo Avilia che coordina il progetto di ricerca assieme al professor Louis Godart, accademico dei Lincei. Il progetto si sviluppera’ con la realizzazione di uno spazio museale per i reperti raccolti e le ricostruzioni del sito, con un app e un sito web e naturalmente con un percorso geo archeologico subacqueo e infine con l’apertura di una scuola archeologica. C’e’ un primo finanziamento della Iulm per 10mila euro, che serviranno a sostenere le nuove ricerche programmate per aprile prossimo. “L’auspicio – spiega il sovrintendente di Napoli – e’ che il progetto non finisca mai e prosegua in questa collaborazione tra mondo accademico e sovrintendenza. E’ un’indagine un po’ diversa da quelle del passato e apre sicuramente una pagina di storia nuova tutta da scrivere”.
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